UN’ OPERA D’ARTE: VIA KRUPP
di Renata Ricci Pisaturo
È la regina delle strade capresi, “un’opera d’arte nel vero senso della parola”: tale l’ha definita il grande architetto tarantino, napoletano d’adozione, Roberto Pane. Percorsa da chiunque abbia “vissuto” l’isola, ha visto transitare il mondo intero sui suoi spettacolari tornanti. Scavati nella roccia, così stretti da sembrare sovrapposti, pavimentati in pietra viva, sono addolciti da una vegetazione tipicamente mediterranea che cresce spontanea e che, specialmente dopo una pioggia, inonda il costone di mille profumi. Ai piedi della parete, rocce e scogli sfidano il battere eterno delle onde e il canto dei flutti rimbomba da una curva all’altra.
Lunga un chilometro e trecento metri, essa collega i bellissimi Giardini di Augusto con Torre Saracena e la Piccola Marina, un tempo in contatto col paese solo tramite Via Mulo. Fu progettata e realizzata in soli due anni di febbrile lavoro dall’ingegnere napoletano Emilio Mayer, che già aveva costruito la carrozzabile di Marina Grande e di Anacapri; l’inaugurazione avvenne nell’aprile del 1902. Aveva voluto, come atto d’amore, donarla all’isola che lo aveva visto felice e agli abitanti, in segno di gratitudine, Friedrich Alfred Krupp, terzogenito della possente dinastia tedesca delle acciaierie di Essen nella Renania, fondate dal nonno.
Pur scorrendo nelle sue vene la rovente colata di acciaio dal quale era stato ricavato il primo cannone, era venuto al mondo col “morbo germanico”, lo stesso morbo che aveva portato in Italia, nell’Ottocento tanti tedeschi ammalati di sentimentalismo e alla ricerca sulle nostre coste dell’Eros ellenico, l’amore libero
Il rimbombo incessante dei grossi magli, lo stridore dei torni, l’accecante riverbero delle colate roventi e il fumo degli altiforni non gli si confacevano, ammalato, oltretutto, di asma bronchiale. L’aria dell’isola dell’amore, profumata di gelsomini, gli mancava dalla prima volta, nel 1898, che vi era approdato all’età di 44 anni. Lasciato lo scettro di Re dei cannoni negli altiforni di Hügel, il piccolo paese presso la capitale Essen, in mani fidate, da lui oculatamente scelte, volle vivere l’età matura a modo suo dopo aver fatto tanto per il suo paese ed ogni anno, fino alla morte, ricomparve nell’isola per trent’anni di seguito.
Era l’uomo più ricco del mondo, più ricco anche dello stesso kaiser Guglielmo II, suo grande amico, ma a lui lo scettro pesava come gli pesava anche il nobile metallo nelle tasche. Non avendo alcuna occupazione si mise a fare della beneficenza profondendo il suo denaro a piene mani, donando a tutti, persone per bene e approfittatori, ma specialmente a giovanissimi ragazzi capresi accaparrandosi la benevolenza degli isolani che chiudevano non un occhio ma tutt’e due sulle sue “scappate”. Dava sfogo, in questo modo, all’istinto della sua razza, instancabili divoratori di arte sotto tutti gli aspetti: non è una forma d’arte il torso abbronzato di un “marinariello”caprese?
Ma se l’isola era così bella, altrettanto meravigliosi dovevano essere i suoi fondali. Destarono la sua curiosità e ne fu ben presto sedotto, mai immaginando che la loro esplorazione sarebbe stata la sua rovina. I piccoli esseri vermiformi, primo stadio di quella anguilla vulgaris, che, dopo aver fatto il giro dei mari sarebbe finita sulle nostre tavole sotto forma di capitone, gli fu fatale. Triste destino per un vocabolo di quella che viene giustamente chiamata “lingua napoletana”!. Il feroce, reiterato attacco sul “Mattino”della coppia Edoardo Scarfoglio–Matilde Serao scatenò un enorme scandalo, tanto più che l’omosessualità in Germania era considerata un reato. Vana la protezione dell’imperatore: “Non si potevano e non si dovevano offuscare le benemerenze del grande industriale che aveva fatto delle Germania la più grande potenza produttiva del mondo.”
Lo scandalo ebbe come effetto quello di distruggergli la reputazione e l’espulsione per “oscenità” sia da Capri che da Napoli nel 1902. Ma L’Isola era abituata alle stranezze dei grandi deragliati della vita che sui suoi rocciosi scogli continuavano ogni tanto ad approdare e ben presto le “riunioni conviviali” che avvenivano nella casa-grotta di fra’ Felice vennero dimenticate. Un pietoso velo d’oblio venne steso su chi aveva tanto amato l’sola e tanti importanti regali vi aveva lasciato.
Aveva avuto accanto, nelle pesche pelagiche con il suo panfilo, il Puritan, ancorato alla Piccola Marina, il devoto Salvatore Lo Bianco, l’umile pescatoriello napoletano che, sotto la guida di Anton Döhrn, era diventato il più grande classificatore di specie marine. Insigni naturalisti della Stazione Zoologica di Napoli ed Ignazio Cerio di Capri avevano partecipato alle spedizioni i cui risultati furono splendidi per le centinaia di nuove specie rinvenute e catalogate.
Nel 1900 Krupp, dopo aver acquistato tutto il vasto terreno situato fra la Certosa di San Giacomo e il Castiglione, denominato “Fondo della Certosa”, vi fece realizzare i Giardini pubblici , attuali Giardini di Augusto, a beneficio degli abitanti di Capri. Nello stesso anno finanziò con la somma di lire 25.000 di quell’epoca la costruzione della strada, approvata dal Comune, che avrebbe collegato i giardini con la Piccola Marina. Nacque così la strada più spettacolare del mondo.
Nel corso delle lavorazione venne scoperta la grotta di fra’ Felice, a picco sul mare. Felice era il nome da religioso del nobile portoghese Consalvo Barreto diventato monaco della Certosa di San Giacomo nel 1528. Dopo aver svolto un ruolo importante nel monastero, visse da eremita in questa grotta dopo averla collegata con un centinaio di gradini alla Certosa e alla grotta dell’Arsenale, sul mare. Nel 1548, ormai vecchio e bisognoso di cure, rinunziò a quelle che gli offriva il priore e volle recarsi a Napoli per essere assistito ed assistere, a sua volta gli infermi nello storico Ospedale degli Incurabili.
Dopo la partenza di fra’ Felice la grotta rimase abbandonata. Nel 1632 l’abate Pacinelli fece aprire un passaggio dalla Certosa che, passando per gli attuali Giardini di Augusto, portava direttamente alla grotta e poi, proseguendo finiva sul mare nella grotta dell’Arsenale. L’antro rimase per secoli esposto solo alla curiosità di qualche visitatore finché fu riscoperta per caso , nel 1900, dal pittore inglese Albert G. White che l’additò a Krupp.
Questi, venuto a conoscenza che il Comune aveva approvato il progetto per la strada, non avendo casa a Capri (riservava ogni volta una suite di quattro camere nell’Hotel Quisisana) acquistò la grotta e diede l’incarico al suo segretario Martoz e agli amici White e Arturo Cerio, di renderla praticabile.. Ne affidò il progetto allo stesso ingegnere Mayer che ristrutturò il romitorio trasformandolo in una piccola abitazione di due piani uniti ad una torretta raggiungibile tramite un ponticello, completata da una terrazza belvedere ornata con colonne pompeiane. Un luogo di riposo e di pace, come recitava la targa apposta all’entrata:”Parva domus, magna quies”. In questo piccolo pied-à-terre il magnate era solito ritrovarsi con gli amici fra una pescata e l’altra. Dopo lo scandalo corsero voci che lì attirasse i giovani capresi. Rimpatriato dopo il decreto di espulsione firmato da Vittorio Emanuele III, morì per un aneurisma dell’aorta (o suicida ?), a detta di Marga, sua moglie, nella sua villa di Hügel il 22 novembre 1902.
Negli anni 1958-59 l’architetto Pietro Bottone e la moglie Guidi ristrutturarono la grotta di fra’ Felice, facendo risorgere le rovine dall’oblio per “conservare questi luoghi all’ammirazione dei poeti”, come si legge nell’insegna al termine della discesa.
I capresi hanno sempre dimostrato grande stima e riconoscenza nei confronti di Krupp documentate da numerose iniziative: conferimento della cittadinanza onoraria nell’aprile del 1902, celebrazione di una cerimonia funebre alla sua memoria presso il Municipio, manifesti sui muri dopo la sua morte. Altri importanti riconoscimenti più recenti sono stati lo scoprimento di una lapide, nel 1961, in memoria di Krupp e dell’ing. Mayer e non ultimo l’apposizione all’ingresso dei Giardini di Augusto nel 2002 di un’altra lapide per il centenario della costruzione.
Questa la “Via Krupp story”, una via che negli anni della dolce vita caprese era molto frequentata dai gay anche perché la piccola spiaggia sassosa ai suoi piedi era riservata ai nudisti. Si ammirava dall’alto la sua bellezza avendo una certa ritrosia ad inoltrarvisi per timore di fare un brutto incontro specialmente al tramonto. Ma chi ha amato veramente l’isola non ha potuto fare a meno di percorrerla almeno una volta per riempirsi gli occhi della sua suprema bellezza.
Le forti piogge e il gelo hanno danneggiato la via, che è rimasta chiusa per ben 32 anni, ma con un complesso lavoro di recupero per la messa in sicurezza del costone franato, è tornata ad essere percorribile e il 29 giugno del 2008 il presidente Napolitano, trovandosi a Capri con la moglie in occasione del suo 83mo compleanno, ha scoperto la lapide commemorativa
Purtroppo dopo appena un anno, nel febbraio del 2009, un’altra frana è caduta proprio sulla grotta di fra’ Felice, distruggendo completamente la casetta e costringendo il sindaco a richiudere la strada che sembra essere soggetta ad una maledizione. Oggi,, nuovamente ristrutturata, è ritornata ad essere il mitico serpentone.
Il 28 luglio del 2009 Via Krupp si è ammantata di azzurro. I suoi tornanti sono stati interamente coperti da un nastro di raso blu cobalto con su scritti a tempera i versi della poesia “Il viaggio” di Nanni Balestrini, il poeta e romanziere milanese della neoavanguardia, in sintonia con il titolo della performance del noto artista emiliano Bruno Picariello: “Regalare il mare.” Un’onda di poesia tracciata sullo splendido mare di Capri: “Le parole passano da dove è passato…gli occhi fissi all’orizzonte e i capelli al vento…agli orizzonti si susseguono altri orizzonti…le nostre strade si sono incrociate lungo la strada…” E mentre i versi della poesia risuonavano tra le pareti di roccia attraverso la voce dell’attrice Giovanna Marmo, il nastro è stato tagliato a larghe fasce che Picariello ha firmato e donato ai molti turisti e stranieri che hanno avuto la fortuna di trovarsi quel giorno nell’isola. Un’immagine e un ricordo indelebile dell’Isola e di questa strada-scultura unica al mondo.