Focus
di Massimo Maresca
Un Babbo solidale
L’idea sottesa alla figura di Babbo Natale è quella di un uomo anziano capace di realizzarne i sogni e di prendersi cura della fascia più debole, rappresentata dai bambini. Sappiamo bene che non è solo l’infanzia ad avere bisogno di soccorso, né tantomeno ad essere l’unica detentrice dei sogni. Anche gli anziani sono portatori di aspettative e non di rado si ritrovano soli e necessitati.
È da tantissimi anni che in zona Tiberio il giorno 24 dicembre i membri del Comitato Festa Santa Maria del Soccorso mettono in stand-by le attività personali, legate ai festeggiamenti natalizi in famiglia, e si dedicano alla distribuzione di un panettone agli anziani. Un’iniziativa che non si è mai fermata e che neanche le difficoltà legate alla pandemia sono riuscite a intimidire. Nel rispetto delle norme vigenti, il babbo natale deputato a tale opera non entra nelle case, come faceva un tempo, ma dalla strada si annuncia attraverso un campanaccio e grida in allegria la gioia del Natale.
Potremmo dedurre che la gioia in questione si concretizzi proprio attraverso un gesto che per alcuni può risultare scontato, banale, ma che invece per altri, le persone sole, diventa un segno di grande vicinanza, soprattutto in questi giorni di “feste comandate”. Perché è qui il punto centrale: ci sono feste e feste. Quelle spontanee trovano il plauso di chi è coinvolto e si manifestano nella singolarità, nella particolarità del non ripetersi. Guardiamo ad esempio a una festa di 18 anni, oppure a un anniversario di matrimonio piuttosto che al conseguimento di un laurea magistrale. Le feste che ne derivano sono uniche, singolari, perché il motivo che innesca non si ripeterà. Il Natale no.
Il Natale è un tempo che si reitera anno dopo anno, e col tempo si rafforza e cresce nel cuore e nell’identità di chi lo festeggia. È una festa che esula da ciò una persona o una famiglia porta nel cuore, passando sopra divorzi, difficoltà economiche, solitudini, povertà e ingiustizie. A Natale si “deve” festeggiare, non ci si dirimere. E se questo in qualcuno può tradursi nella “dittatura della festa”, per qualcun altro diventa la “dettatura della festa”, vale a dire un opportunità per insegnare a fare festa, ad essere in una gioia che non è chiusura ma attenzione a chi è accanto, magari solo, magari triste, magari piccolo.
Ecco perché, anche quest’anno, diluito in tre pomeriggi (21-22-23 dicembre) il babbo natale di Tiberio non si ferma e continua imperterrito ad annunciare che c’è comunque un motivo per sorridere, una ragione per far festa, una scusa – neanche troppo nascosta – per dire a chi è un po’ più solo “ti voglio bene”.