Focus
di Massimo Maresca
Spostare i limiti: 50 anni dalla conquista della luna
“Tu, luna luna tu, luna caprese, ca faie sunna’ l’ammore ‘e nnamurate…”. Quando il caro Peppino di Capri intonava questa dolce canzone e si godeva l’exploit dei suoi primi grandi successi, non ci si aspettava che nel giro di un decennio qualcosa di grosso sarebbe accaduto proprio a quella luna caprese.
Da sempre la piccola sfera nel cielo, che tendiamo ancor oggi a guardare sulle nostre teste soprattutto di notte, quando si presenta nella sua massima luminosità – e quindi pienezza -, ha suscitato nella mente, nel cuore e negli occhi dell’uomo di sempre grandi interrogativi e misteri, tanto da desiderare fortemente addirittura di raggiungerla.
Ben cinquant’anni fa, che non sono tanti, un grande confine è stato valicato: il primo allunaggio ad opera dell’uomo, precisamente del comandante Neil Armstrong col suo collega Buzz Aldrin. La luna è stata conquistata, se così si può dire, dopo secoli in cui essa stessa ha conquistato l’uomo. Per buona pace di numerosi complottisti che a livello internazionale hanno dubitato e mettono ancora in discussione l’accaduto di allora, il suo richiamo oggi è più vivo che mai. Anche se gli ultimi piedi a calpestarne il suolo polveroso sono stati quelli di Eugene Cernan nel 1972, da allora nessun’altra esplorazione “home made” è stata fatta, perché in seguito altri strumenti tecnologici, come robot e sonde, se ne sono occupati.
Ed ecco che sono già passati cinque decenni da quell’evento in cui tutto il mondo, in diretta televisiva, assisteva a un passo davvero sorprendente. I settantenni di oggi possono darne una limpida testimonianza, con particolari di emozioni contrastanti. Addirittura qualcuno, nella semplicità dei suoi ragionamenti, pensava venissero trovate testimonianze di forme di vita extraterrestre. E addirittura molti moti di ispirazione religiosa si erano posti in contrasto con l’evento: l’uomo è fatto per la terra e non è bene sfondare la porta dell’universo.
Comunque siano andate le cose, dopo un po’ di tempo i quasi ventidue chili di roccia lunare portata sulla terra sono stati messi a disposizione di scienziati, anche italiani, per uno studio approfondito. Ad oggi ciò che c’era da sapere di essenziale sulla luna si sa e ogni mistero comune è stato sfatato. Ma la domanda sul perché l’uomo voglia andare nello spazio resta.
Ci si chiede di tanto in tanto perché ogni nazione porti in sé la velleità di conquistare un minuscolo granello dell’universo e per quale ragione l’uomo, le società e ogni forma di governo non dovrebbe occuparsi del nostro pianeta – che verte in uno scatafascio ecologico – più che sforzarsi di esplorare e imbandierare ogni luogo extraterrestre che riesce a toccare. Interrogativi, questi, che un po’ restano appesi, senza vere e proprie risposta. Forse da sempre l’uomo ha cercato di andare oltre, forse è una dinamica insita alla sua evoluzione (un po’ come quando da bambini compiamo i primi passi). L’essere umano sente l’irrefrenabile voglia di sconfinare, di sfondare un tabù, qualunque esso sia – imposto od autoimposto -, di andare dall’altra parte. Qualcuno dice che i limiti non si possono oltrepassare, ma solo spostare un po’ più in là. E in qualsiasi modo la si voglia vedere, se l’uomo vuole raggiungere un obbiettivo prima o poi ce la fa. A quale costo? Il Manzoni direbbe: «Ai posteri l’ardua sentenza»…