Anna Maria Boniello – Capri. Il Capilupi ancora al centro delle cronache. Ieri mattina per un’adolescente caprese c’è stato ancora un trasferimento con l’eliambulanza che è atterrata dopo pochi minuti nel piccolo eliporto del Cardarelli. Per questioni di privacy non si conoscono i motivi che hanno portato i medici a disporre il trasferimento in elicottero ma sicuramente doveva trattarsi di una patologia che era impossibile curare nel piccolo nosocomio caprese. Verrà, invece, dimessa stamane dal Cardarelli la donna di Capri di 72 anni che era caduta per le scale della sua abitazione procurandosi una ferita alla testa. Un taglio profondo che i medici del Capilupi hanno suturato con oltre 10 punti ed in seguito all’impossibilità di effettuare la tac hanno provveduto a organizzare il trasferimento nel più grande ospedale del Mezzogiorno, dove l’infortunata è stata sottoposta alla tomografia assiale computerizzata, che è risultata fortunatamente negativa. La donna è rimasta in osservazione 24 ore ed oggi rientra a Capri insieme ai suoi familiari con aliscafo e traghetto di linea per ritornare nella sua abitazione. Il trasferimento della donna poteva essere evitato se fosse stata messa in funzione l’apparecchiatura della tac di nuovissima generazione, che giace negli ambienti della radiologia del Capilupi dal suo arrivo, avvenuto nel mese di settembre, e non si sa per quali motivi non è stata mai utilizzata. L’assenza della tac a Capri dura ormai da due anni, da quando nel dicembre 2013 si ruppe l’obsoleta attrezzatura che era stata riparata in varie occasioni e che aveva esaurito ormai la sua funzione essendo irreperibili anche i pezzi di ricambio per la sua vetustà. Tra le proteste dei cittadini, dei comitati e degli amministratori e grazie alle campagne giornalistiche e mediatiche anche del Mattino, dopo varie promesse è stata acquistata la nuova apparecchiatura che addirittura può essere utilizzata, a differenza della precedente, anche per gli esami con mezzo di contrasto. Il costo del moderno macchinario supera i 200mila euro, così come un trasferimento in eliambulanza stando ai bene informati è di svariate migliaia di euro. Un servizio di emergenza regionale che viene assegnato a una società privata a seguito di una gara con sede di atterraggio al Cardarelli e a Pontecagnano nel salernitano. L’ammalato viene poi trasferito in autoambulanza nella struttura ospedaliera che viene indicato attraverso la Core, la centrale operativa della Regione Campania, a cui deve fare riferimento l’ospedale di partenza e che è obbligato a trovare la reperibilità. Un servizio in convenzione, così come in convenzione con l’Asl Napoli 1 è il servizio di emergenza 118 che fornisce il personale infermieristico e le autoambulanze con autista. E intanto i trasferimenti via aerea e via terra vengono caricati sul bilancio della sanità campana. Spese che in gran parte potrebbero essere ridotte se l’ospedale di Capri fosse dotato di strutture funzionanti come la tac e ambienti idonei sotto il profilo strutturale. Infatti l’unico nosocomio isolano è stato al centro di un altro caso che poteva vedere addirittura scomparire il centro della dialisi che, nel 2014, rischiò la chiusura perché mancavano i requisiti previsti dalla normativa. A chiedere l’adeguamento furono i funzionari dell’Aspp, gli addetti del servizio di ispezione e prevenzione, che inviarono a Capri gli ispettori che a seguito dei controlli inviarono un verbale nel quale si metteva in evidenza l’inadeguatezza dell’ambulatorio. E con la dialisi una bufera giudiziaria investì il Capilupi con un pesante intervento della magistratura con una raffica di avvisi di garanzia e due provvedimenti cautelari, che interessarono il direttore sanitario del tempo e un dipendente ausiliario, per i reati di corruzione, truffa, peculato e violazione della norma per la tutela della maternità e sull’interruzione della gravidanza. Clamorosa fu, poi, la notizia del ritiro della donazione milionaria pro-Capilupi da parte di un’anziana benefattrice straniera, che aveva però sposato un caprese e che nel 2009 aveva destinato la somma di 2 milioni e 100mila euro per restaurare la vecchia ala dell’ospedale e consentire ai suoi ormai compaesani di avere una struttura degna di tale nome. La donna, nella donazione, aveva indicato sia la ditta che doveva effettuare i lavori di restyling sia la data entro la quale dovevano essere ultimati. I lavori comunque andavano a rilento e i tempi cominciavano ad essere superati. La notizia del ritiro della donazione arrivò nel 2012 a mezzo una raccomandata, che venne notificata ai vertici dell’Asl, lasciando di stucco i capresi e gli amministratori dell’epoca. I lavori rimasero bloccati e da allora non sono mai stati più ripresi in attesa che la Regione reperisca i fondi.