di Luigi Lembo
I recenti lavori dell’ex negozio Prada, lungo via Roma, che comporteranno un’ennesima trasformazione d’uso del fabbricato, ci danno oggi l’opportunità di raccontare di un personaggio che scelse tale struttura all’inizio del 900, come studio artistico, dipingendo anche interni ed esterni, con affreschi che ritornano alla luce proprio ora come documentiamo con la foto che pubblichiamo allegata. Parliamo di Karl Wilhelm Diefenbach, artista tedesco visionario e cupo, nato il 21 febbraio del 1851 ad Hadamar, nella Germania preunitaria allora capitale del regno di Nassau, in Assia. Riformista, pacifista, libero pensatore, simbolista, adoratore del sole, Diefenbach fu molto criticato per il suo stile di vita secondo natura. La sua predicazione propugnava la profonda unità tra arte e vita, il nudismo, l’antimilitarismo e il vegetarianismo, non risparmiando di accusare apertamente le contraddizioni sociali e morali della Germania dell’epoca, tutta tesa all’industrializzazione e al riarmo. Giunto a Capri nel dicembre del 1899, decise di vivere sull’isola fino alla morte, avvenuta nel 1913: “Capri mi basterà per tutta la vita con queste aspre rupi che io adoro, con questo mare tremendo e bellissimo…”. Diefenbach dipingeva paesaggi capresi con strani esseri volanti e con contrasti violenti di luce e di buio. Sull’analisi della sua esperienza di vita, così fuori dal comune, il regista Mario Martone ricavò tra l’altro un fantastico film uscito nel 2018 dal titolo Capri-Revolution. Nel 1906 si trasferì poi in quella che chiamò “la Casa Grande”, a pochi passi dalla Piazzetta, in quella che fu dapprima il suo studio e, dal 1907, uno spazio espositivo che Baedeker indicava come una delle principali attrazioni dell’Isola. L’esterno lo volle decorato con figure in cui si stagliavano bambini e animali che si lanciano verso un futuro utopico. Gli affari però non andavano bene: il ricco industriale Friedrich Alfred Krupp guardò ma non comprò le opere dell’eccentrico personaggio che accoglieva i visitatori del suo spazio espositivo con la folta barba, le vesti fluenti e l’atteggiamento beato di un profeta, predicando per ore, a chi entrava nel suo locale, il pacifismo e il rispetto per la natura uniti all’astinenza da carne, alcool e tabacco. Rainer Maria Rilke menzionava Diefenbach di sfuggita come una figura eccentrica dell’isola, lo stesso artista si lamentava amaramente che “98 tedeschi su 100 che soggiornano a Capri passano davanti alle opere di un artista tedesco che vive e lavora qui senza nemmeno guardarlo”. Dell’opera di Diefenbach si interessarono anche il medico Axel Munthe e lo scrittore Maxim Gorki che menzionava Diefenbach solo come figura eccentrica. Tuttavia, il periodo caprese di Diefenbach fu uno dei più fruttuosi di tutta la sua carriera. Si ispirò ai sublimi paesaggi e alle vedute marine per produrre alcune delle sue tele più potenti, che ritroviamo nella mostra a lui dedicata nella Certosa San Giacomo, rivolgendosi anche all’interno per una serie toccante di autoritratti che sembravano attingere alla brunita malinconia degli ultimi lavori di Rembrandt. L’isola si rivelò per lui un inesauribile fonte d’ispirazione: “Capri mi basterà per tutta la vita con queste aspre rupi che adoro, con questo mare tremendo e bellissimo benché, é in verità, io soffra il martirio del boicottaggio dei miei connazionali che venendo qui muovono contro di me vergognose accuse di immoralità ed empietà”. Diefenbach vivrà sostanzialmente isolato nonostante la popolazione dell’isola non vedeva in lui un personaggio ostile. Con la sua figura imponente, il modo di vestire monacale, i capelli lunghi e i sandali indossati anche d’inverno, e le sue agitate prediche sulla piazzetta della funicolare gli valsero solo i giudizi ironici e sprezzanti da parte d’intellettuali e popolani. Karl Wilhelm Diefenbach muore il 13 dicembre 1913 per un attacco di peritonite e la sua opera scivolerà nel disconoscimento e nel disprezzo sicuramente immeritato.