Capri stretta attorno agli amici dello Sri Lanka
Indignazione e tristezza nel cuore dei capresi in seguito alle stragi di Pasqua in tre chiese e tre hotel dello Sri Lanka. Uno sdegno così forte da tramutarsi in un grande sentimento di vicinanza.
È orami da tantissimi che nel tessuto isolano si è andata sempre più accrescendo una comunità cingalese che, per motivi di lavoro, si ritrova a condividere con rispetto e simpatia molti dei momenti significativi che scandiscono la vita del paese. È facile incontrarli per strada o nelle cucine di hotel e ristoranti, sempre con un sorriso, sempre a lavorare con serietà. Il folto gruppo originario dello Sri Lanka non ha mai suscitato sentori negativi nell’opinione pubblica di Capri, anzi è sempre stata capace di uno stile che non sempre è facile incontrare in persone che appartengono ad altre nazioni: integrazione. Lo si vede quando si ritrovano a fare momenti di festa familiari, nei casi di lutto oppure quando, con grande curiosità da parte degli italiani, festeggiano il capodanno hindu – come lo scorso 7 aprile, presso il campo di Damecuta, che a detta di tanti è stato davvero un successo.
Il punto è che a tutti questi eventi sono sempre presenti in gran numero i capresi, spinti non solo dall’interesse per un’altra cultura ma anche dal desiderio di condividere con profondità la gioia. Sì, perché è risaputo che la gioia, per suo statuto proprio, vuole essere passata di mano in mano e di sorriso in sorriso. Purtroppo, però, non solo la gioia…
Colpiscono tanto le parole del presidente dei vescovi dello Sri Lanka, mons. Winston Fernando: «Devo dire che ringrazio Dio che la gente ha risposto alla grazia di Dio ed è rimasta calma. E appena passata la Pasqua e credo che siano per questo motivati ad accettare la sofferenza. Ovviamente, sono tutti molto provati e sofferenti, ma penso che la vita di Gesù e i suoi insegnamenti che aiutano la nostra Chiesa ad affrontare questo momento veramente difficile. Alcuni hanno detto che sarebbero stati contenti di morire nel giorno di Pasqua, e questo ci mostra il livello di fede di alcuni fedeli. Ma, ovviamente, non possiamo negare che ci sono alcuni che sono molto arrabbiati». Gli attentati degli scorsi giorni hanno messo anche sul cuore di tutta l’isola di Capri un velo nero, un puzzo di morte, una comprensibile espressione di riprovazione, tanto da far scattare subito la volontà di fare qualcosa, di manifestare in un modo o in un altro la presenza, la testimonianza del ‘voler stare’, del ‘dividere insieme’ sia il bene che le situazioni di male.
Messaggi, posts, tweets, strette di mano, abbracci, mezzi sorrisi, preghiere e, addirittura, una fiaccolata presso la chiesa parrocchiale di Santa Sofia, in Anacapri (a testimoniare l’unità del genere umano in tutte le sue espressioni, anche religiose). In ogni modo possibile Capri è vicina ai suoi amici cingalesi e spera che certe espressioni abominevoli, come gli attentati, non possano mai più ripetersi.