Capri, Carmelina e gli occhi su San Costanzo
Molti pensano che ormai a Capri la devozione al santo patrono sia andata scemando negli anni o comunque si sia contenuta a causa dell’attenzione che buona parte degli isolani dedicano all’attività turistica. E se per molti questa analisi “alla carlona” potrebbe andare bene, per il resto della popolazione non sembrerebbe corrispondere al vero. Di fatto sono finiti i tempi in cui il simulacro di San Costanzo era custodito gelosamente per l’intero anno in un armadio della sacrestia dell’ex Cattedrale di Santo Stefano protomartire. Allora sì che la comunità isolana attendeva con ansia i giorni della festa, dove poter venerare – con soddisfazione del clero di allora – un uomo, Costanzo, che aveva nei tempi lontani riportato il senso della fede e, soprattutto, della speranza a un’isola che doveva combattere quotidianamente con problematiche legate alla difesa del territorio e all’approvvigionamento idrico. Per cui nei secoli i capresi hanno sempre mantenuto grande riconoscenza al suo santo, nonostante i secoli ne abbiano fatto perdere una storiografia precisa.
Quando la statua di San Costanzo era riposta nell’armadio ligneo, alla sua apertura una donna, in particolare, era addetta alla preparazione del busto argenteo: Carmelina Alberino.
La conosciamo tutti come “Carmelina la pittrice”, è vero. Nel 1973 compariva nel Catalogo Bolaffi dei Naïfs italiani, ma già veniva segnalata in numerosissime pubblicazione italiane ed estere tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Carmelina si era fatta da sola: figlia di pescatori, lavorava presso una sartoria e con forza e dignità mandava avanti la sua famiglia in giorni e situazioni non sempre luminosi. Carmelina si era lasciata plasmare da alcuni dolori personali che aveva dovuto affrontare e attraverso l’arte pittorica era riuscita a focalizzare e stimmatizzare una Capri quotidiana, poetica e osservata dai suoi occhi un po’ dal di sopra. È proprio quella visione elevata che l’ha resa unica, non solo come artista.
Carmelina era stata scelta per spolverare e preparare secondo la tradizione locale il simulacro del patrono, che sarebbe stato portato in processione per le strade del centro storico e, svettando nei vicoli capresi, sarebbe stata affidata per una settimana circa alla comunità della Marina Grande, presso l’omonima basilica. Carmelina era stata investita da un grande onore e da una responsabilità che la rendeva effettivamente speciale nel cuore del popolo isolano.
I trentenni di oggi la ricordano come una vecchina caparbia, stanca, con gli occhi bagnati e lo sguardo puntato al simulacro, ormai non più energica come negli anni d’oro, e che aveva avuto l’autorità di fermare la processione del Santo proprio davanti la sua abitazione, fino al termine della sua esistenza terrena. E mentre la statua veniva abbassata per concederle un atto di devozione e confidenza, gli occhi di Carmelina erano sul Santo e quelli di tutta Capri, commossa, erano fissi su di lei, forse per apprendere qualcosa. Allora la pittrice lo chiamava per nome, raccomandava tutta l’isola alla sua protezione e gridava parole di speranza: «Custà… pienzc tu!». “Costanzo, pensaci tu!”. Un’invocazione che ancora oggi Capri sapientemente sussurra.