Focus
di Massimo Maresca
Perché durante le feste mangiamo tanto
“Perché nelle feste mangiamo tanto?” è una delle domande che più volte emerge quando siamo in prossimità del Natale, del Capodanno o, più in generale, quando ci avviciniamo a un momento di festa. Sì, perché se non ci ‘abbuffiamo’ “non pare Natale”… e la nostra comune cultura si sposa con l’arte culinaria della notte dei tempi, nata dal ventre di chi, per sentirsi unito, riempie con lo stesso cibo la propria pancia.
‘Mangiare dallo stesso piatto’ è un modo comune di intendere appartenenza e familiarità. Purtroppo, però, l’intelligenza – se non è stata anch’essa divorata tra una portata e un’altra – ci fa capire che non sempre è così e non sempre un cibo in comune suscita le stesse sensazioni. È il caso, questo, della nonnina di turno che, preparando le tartine con salmone e caviale per la cena della vigilia si intristisce perché si ricorda che il suo defunto marito amava molto aprire le danze con quel tipo di aperitivo rustico. Oppure è il caso di quel papà che, nel cenone di Capodanno, non vuole mangiare le lenticchie – simbolo di ricchezze augurate – perché le collega a quando era piccolo e nella sua famiglia d’origine era costretto a mangiarle come sostitutive della carne.
Insomma, non sempre i cibi li percepiamo come oggettivamente nella realtà sono, e non ci accorgiamo che si presentano carichi di significati. E nonostante tutto, nonostante le festività comandate aumentino in molte persone sensazioni di solitudine e sbuffi di tristezza, noi continuiamo a tramandare l’ideale delle ‘abbuffate’ in comitiva (e qualcuno, di tanto in tanto, la pensata di fuggire la fa, eccome!).
La neuro-scienziata Camilla Arndal Andersen ha fatto degli studi davvero degni di nota intorno al significato dei cibi, e a come sono in grado di stimolare i nostri neuroni in un attività davvero molto impegnativa. Non solo vengono coinvolti i cinque gusti di base (salato, acido, amaro, dolce e umami), ma ad entrare in gioco con il cibo ci sono tutti i nostri sensi che, stimolati dalle varie pietanze, innescano una vera e propria ‘tarantella’ di ricordi e relative emozioni. È come, in pratica, ci sottoponessimo a una lunghissima carrellata di fotografie che ripercorrono l’arco della nostra esistenza, con una bella musica di sottofondo che a volte è delicata e positiva, altre volte inquietante e negativa.
Non ci capita spesso di pensare a quanto le cose che ingeriamo possano fare emergere nella testa storie, situazioni, persone o avvenimenti che ci hanno significativamente toccato. Ecco perché, prima di calcolare calorie, chili di troppo o quante fette di panettone possiamo ingerire ogni venti minuti, sarebbe il caso di concentrarci sulla consapevolezza di ciò che mangiamo. Una consapevolezza per il domani, fissa nell’oggi, e inevitabilmente carica di ieri.