Fonte: Il Mattino – 1 maggio 2025
di Anna Maria Boniello
L’EVENTO
L’Oro di Capri, ovvero la fitta rete di alberi di olivo destinata a salvaguardare la bellezza delle coste e l’ambiente straordinario che ha reso l’isola celebre nel mondo. E, ancora, a recuperare attraverso la spremitura delle olive quell’alimento naturale qual è l’olio così indispensabile al benessere e alla salute. Tutto ciò è stato reso possibile grazie all’impegno di un gruppo di isolani che si sono riuniti in una associazione, chiamata appunto «Oro di Capri», che hanno iniziato una lenta e capillare attività di selezione e ricerca di uliveti abbandonati, riportandoli in vita ed immettendoli in un circuito attraverso una cura costante affidata ad esperti agronomi. Ora l’oro di Capri è entrato in museo a Villa Rosa ad Anacapri diventando il protagonista con la presentazione di un libro dal titolo «Gli olivi di Capri», una storia di agricoltura eroica di Simonetta Capecchi edita da Electa. Nelle pagine è tracciata tutta la storia vissuta dai soci dell’Oro di Capri, l’associazione presieduta da Pierluigi della Femmina, con il coordinatore del progetto Carlo Lelj Garolla e il presidente onorario Gianfranco D’Amato, che ha partecipato all’iniziativa. A moderare l’incontro il giornalista Pasquale Raicaldo. Davanti a un folto e attento pubblico sono stati approfonditi i temi del volume. Il dibattito non si è limitato solo al tema del recupero ma si è spostato anche su questioni cruciali per il futuro dell’isola
e la sua sopravvivenza e tra queste le problematiche ambientali, la tutela del paesaggio, le dinamiche del turismo, l’overturism e la sfida del sovraffollamento. Si è creata così una sinergia tra relatori e soci che hanno animato una discussione costruttiva e produttiva, sottolineando l’importanza di trovare un equilibrio sostenibile per preservare l’unicità di Capri. Per la sua particolarità l’Oro di Capri è entrato nella guida agli extravergini Slow Food ed è stato premiato ad Ascoli in occasione dei 25 anni dell’olivicoltura sostenibile e di qualità che valorizza paesaggio e resilienza climatica. Proprio come è successo a Capri, tra Pino e il Faro, zona spesso flagellata da forti venti, dove il ricco e fitto oliveto è diventato una barriera alle intemperie e ha sottratto l’area alle brame degli speculatori edilizi. E infine ha spinto gli adulti a riprendere quella vocazione naturale legata anche all’agricoltura. Un obiettivo centrato ad Ascoli, dove sono stati premiati da Slow Food ben quattro oli, «Mariosa 3.3.3», «Cru I Fortini», «Cru Pino de’ Monaci» e «Cru Orrico». Un riconoscimento agli olivicoltori appassionati di questo tipo di coltura, che insieme agli esperti hanno fatto si che Anacapri diventasse Città dell’Olio.