Anna Maria Boniello. Capri – Villa Damecuta, una delle più importanti delle 12 dimore che Tiberio fece costruire sull’isola durante i suoi undici anni di permanenza a Capri, è in preda ad un lento ed inesorabile degrado, visto l’abbandono in cui è caduto il sito archeologico dal giorno della sua chiusura, decretata dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici, avvenuta nel 2012 e giustificata da interventi di restauro. Venne così chiuso il cancello che introduce agli scavi con un pesante catenaccio agganciato ad una catena e da quel momento venne definitivamente chiusa ai visitatori. Quel cancello, da circa un anno è stato riaperto da ignoti che hanno forzato il catenaccio consentendo così a chiunque di potersi introdurre all’interno e fare scempio delle vestigia del passato. Un passato che era stato portato alla luce da archeologi stranieri ed italiani da Norbert Hadrawa ed in ultimo Amedeo Maiuri che impegnò quasi tutta la sua vita a portare allo scoperto la storia antica dell’isola. Villa Damecuta, così come Villa Jovis ed i ruderi di Palazzo a Mare, rappresenta le ultime testimonianze dell’Impero Romano e di quegli Imperatori, Augusto e poi Tiberio, che erano rimasti affascinati dalla bellezza del territorio, costruendo ville, acquedotti, ninfei, come quello della Grotta Azzurra. Una storia però che non sembra interessare quelle istituzioni a tanto demandate che hanno il compito di tutelare, conservare e far conoscere ai visitatori di tutto il mondo, ma anche agli abitanti, la loro storia attraverso la visita di questi luoghi. A constatare invece lo stato in cui è ridotta Villa Damecuta, un sito archeologico di straordinaria bellezza, dove si rifugiava Tiberio quando lasciava la sua dimora caprese per recarsi ad Anacapri, si rileva solo uno stato infimo di degrado e di abbandono. Vandali che senza nessun controllo si sono introdotti all’interno, visto che non esiste né un cancello né un sistema di videosorveglianza, hanno imbrattato e deturpato le pareti dei locali riservati ai custodi con scritti e graffiti, e chissà, visto che non c’è un sistema d’allarme se sono stati asportati anche reperti all’interno del sito. Un sito che dovrebbe essere il vanto dell’isola e che invece vede i suoi viali ed i suoi reperti invasi dall’immondizia, mentre l’incuria e la mancanza di manutenzione hanno fatto sì che i resti delle mura venissero invasi da erbacce e radici che infiltrandosi nelle pareti provocano un dissesto che mette a rischio la loro staticità. Eppure il regolamento imposti dalla Sovrintendenza nella spartizione degli introiti della Grotta Azzurra, che superano in un anno il milione di euro, prevede che una parte degli introiti debba essere riconvertita nella manutenzione delle bellezze archeologiche e naturali dell’isola ed in interventi che mirino alla loro riqualificazione. E se per Villa Damecuta non è previsto un biglietto d’ingresso, non si capisce perché non possa essere istituito e l’incasso utilizzato per la manutenzione e la tutela di un luogo così prezioso che è stato escluso dall’itinerario turistico culturale dell’isola.