di Marco Milano
13 dicembre arriva “Santa Lucia” ed il profumo di dolci si unisce ad alberi, presepi, lucine che si accendono e tutto quanto ci sta accompagnando a Natale. Festività che saranno diverse, anzi no, saranno sempre le nostre amate festività da trascorrere in casa ed in famiglia. E proprio il giorno di Santa Lucia, tradizionalmente, ci ha sempre fatto da “campanello” alla frase del mio prezioso amico Franco “Mo’ vene Natale!”. Lascio ad altri, più esperti e competenti del sottoscritto, semplice manovale della scrittura, o “scribacchino” che dir si voglia, servitore dei suoi cinque lettori, un più approfondito racconto della leggenda di Santa Lucia (che tra le tante cose salvò i bambini di Verona da una grave malattia oculare e da quel momento ogni 13 dicembre i più piccoli ricevono da Santa Lucia dolci doni) e ci trasferiamo, appunto, sulla parte golosa. La pasticceria dedicata alla santa del 13 dicembre è varia e vasta, a meritare una speciale menzione, secondo il nostro “Gusto” è “La Cuccia”, dolce caratteristico della Sicilia. Una prelibatezza a base di grano e ricotta che nasce, secondo “la storia della pasticceria”, da un antico episodio, quando durante una grave carestia, nel porto di Siracusa (o di Palermo in questo senso esistono due versioni) arrivò un’imbarcazione che trasportava grano, regalando quindi un’improvvisa fortuna, con la quale il popolo con aggiunta di sale e olio si sfamò. E per “festeggiare” i siciliani, (o meglio le siciliane…) inventarono una ricetta prelibata aggiungendo, al grano cotto, altri ingredienti come il cioccolato ed i pistacchi ma anche il vin cotto, la crema di ricotta o il miele e la cannella. Secondo la tradizione è questo “il piatto” da mangiare il 13 dicembre rinunciando per un giorno a pane e pasta. Sempre rimanendo in Puglia e nel Sud, vanno ricordati gli “Occhi di Santa Lucia”, squisiti taralli preparati con farina, olio d’oliva e vino bianco e poi ricoperti con una glassa bianca a base di acqua e zucchero. Il segreto è sfornarli prima del tempo in modo che mantengano morbidezza rispetto ai taralli salati. Tra le varianti degli “Occhi di Santa Lucia” ci sta un tocco di anice o vaniglia. Per rispettare la tradizione si mangiano la prima volta il 13 dicembre e poi per i restanti giorni del mese di dicembre. Salendo “su al Nord”, invece, ci si imbatte in Veneto ma anche in Lombardia in dolcetti di pasta frolla, semplici ma prelibati e chiamati “i dolci di Santa Lucia”. Prendiamo un aereo e andiamo in trasferta mentale (di questi tempi l’unico viaggio che possiamo fare…) con destinazione la Svezia. E qui, in terra scandinava, in onore della festa di Santa Lucia ci si diletta a preparare (e mangiare) i “Lussekatter”. Si tratta di morbidi panini allo zafferano con uva sultanina. Per prepararli le belle svedesi (sono tutte belle fateci caso…) mescolano il latte tiepido con il lievito, poi aggiungono farina setacciata, zucchero, uovo, zafferano e giusto un pizzichetto (come dice l’esilarante Enrico Montesano nei panni di un’attempata nonnina) di sale. Si lavora fino ad ottenere un impasto liscio e poi si lascia lievitare con paziente attesa anche di oltre due ore. L’impasto viene poi suddiviso come fossero tanti salsicciotti di trenta centimetri, per poi arrotolarli in direzioni opposte mentre al centro delle due spirali va messa l’uva sultanina. Per coloro i quali hanno seguito alla lettera le istruzioni dovrebbe venir fuori una sorta di “numero otto” con i chicchi di uva sultanina a formare degli occhi, in onore di Santa Lucia. La lievitazione viene poi completata per un’altra trentina di minuti, poi si spennellano con l’uovo e poi in forno per poco meno di mezz’ora a duecento gradi.
Tanto auguri Lucia!