di Marco Milano
Se il Natale deve essere “di prossimità” e rigorosamente con i familiari più stretti, va da sé che anche la tradizione dolciaria di Natale dovrà essere con “i propri congiunti”. E la nostra parentela più stretta è, of course, con i mustacciuoli. Dolci tipici della tradizione campana, che, orgogliosamente, citiamo con la “u”, anche se nella versione italianizzata vengono definiti “mustaccioli” o “mostaccioli”. Ma questo goloso rombo ricoperto di cioccolato è napoletano doc e quindi la citazione del suo nome originale è d’obbligo. Sulle nostre tavole vengono presentati, da sempre, in compagnia degli altri “simili” del Natale napoletano, vale a dire susamielli, roccocò e raffiuoli che ci riserviamo, e vi promettiamo, faranno parte dei nostri prossimi approfondimenti in questo spazio, in concomitanza con il periodo festivo. Tornando ai nostri protagonisti della settimana, come detto, i mustacciuoli sono ricoperti di una glassa di cioccolato ed il suo interno, contrariamente a quanti sostengono che deve essere duro, nella sua vera ricetta dovrebbe invece essere caratterizzato da una pasta morbida dal sapore di miele. A dare origine al nome mustacciuolo, paradossalmente è un ingrediente che non è mai stato utilizzato dai pasticcieri napoletani. Secondo le antiche ricette contadine, infatti, il nome mustacciuolo si deve all’utilizzo del mosto, (mostacea in latino), per dare a questi biscotti un sapore dolciastro ma tale ingrediente non appartiene assolutamente alla ricetta campana. A proposito di antichità vanno citati i “Murzitti”, forse gli avi dei mustacciuoli, ripieni di noci, mandorle, uva passa e fichi secchi, e va anche detto che a parlare espressamente di “mostaccioli” è stato Bartolomeo Scappi, il cuoco personale di Papa Pio IV e Papa Pio V che nel Cinquecento, racconta di “piccoli pasticci secchi”. Tra l’altro lo stesso “executive chef” delle cucine vaticane sosteneva che i mustacciuoli “sono sempre migliori il secondo giorno che il primo, e durano un mese nella lor perfettione”, a conferma della consolidata abitudine di prepararli già nei giorni tra l’Immacolata e Santa Lucia, e lasciarli in casa da sgranocchiare a proprio piacimento sino all’Epifania. A voler andare ancora più indietro nel tempo, Catone parlava di “mustacei”, piccole focacce dolci, buone anche per aiutare la digestione e quindi ottime come fine pasto, a base di farina, mosto e anice, ma in alcuni casi anche con cumino, grasso e alloro. Se ci si sposta di “qualche” chilometro e si approda nel Sannio, va detto che i mustacciuoli di Benevento contengono al loro interno un impasto ammorbidito da liquore Strega e si presentano anche più alti, rispetto ai cugini napoletani, grazie all’utilizzo di pasta lievitata. Se ci si allontana, invece, di più, valicando i confini nazionali, un parente del nostro mustacciolo vive in Germania e si chiama “Printen”. E se prepararli potrebbe essere una buona idea in questo Natale “indoor”, vi ricordiamo che come tutte le rivisitazioni e gli ammodernamenti a tavola, anche il mustacciuolo oggi ha le sue varianti, in particolare, quella che lo vede rivestito dal cioccolato bianco o in una veste che mette d’accordo tradizione e innovazione, ovvero quella bianco-nera, con il mustacciuolo che indossa per metà la glassa di cioccolato fondente, e per l’altra il bianco. Segreto per avere successo, sarà, comunque, quello di regalare ai vostri assaggiatori, un retrogusto di miele che si sposa con il cioccolato, se otterrete questa recensione dai vostri commensali (bambini soprattutto), avete superato l’esame e conquistato il titolo di Maestro pasticciere di un mustacciuolo napoletano doc.
(La foto ritrae i mustacciuoli napoletani citati dall’assessorato all’agricoltura della Regione Campania come “prodotti tradizionali”)


















