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Davvero tutto lo zucchero fa male?

di Redazione
2 Aprile 2022
in Gusto
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Seggiovia Monte Solaro

Fonte: Blog Luciano Pignataro

di Marco Milano

Ci sono zuccheri e zuccheri e come sottolineato da Slow Food in un dialogo con Luca Monge, diabetologo a Torino e direttore del Journal of AMD, il periodico dell’Associazione Medici Diabetologi, “non tutto lo zucchero vien per nuocere”. Il concetto fondamentale che va ribadito di fatto è che lo zucchero non è tutto uguale e che ci sono piccole e grandi scelte che potrebbero contribuire ad avere con l’argomento di questo scritto un rapporto quanto più possibile sano ed equilibrato. E’ il caso per esempio di un’abitudine praticamente quotidiana, soprattutto a Napoli e dintorni e nel Sud dello Stivale, ovvero la “tazzulella e caffè”. Nulla a che vedere con un’azione tesa a scomodare due miti assoluti della musica come Roberto Murolo e Pino Daniele, ma semplicemente per portare alla riflessione che rinunciare allo zucchero nel caffè, porterebbe ad una serie di benefici. Il primo è che, come suggerito da Luca Monge si dovrebbe provare a limitare lo zucchero non indispensabile e quello che mettiamo nel caffè appartiene alla sopracitata categoria.

“Lo zucchero che mettiamo nel caffè (che sia il saccarosio ricavato dalla barbabietola o l’integrale della canna da zucchero) – ha spiegato il dottor Monge a Slow Food -, ad esempio, può migliorarne il gusto, ma non è indispensabile”. Certo che chi lo predilige quasi mai imita Totò e la sua teoria dello zucchero nel caffè spiegata all’inseparabile Peppino ne “La Banda degli Onesti” in un bar in piazza della Suburra a Roma, ma, comunque, se ne si fa a meno, tanto meglio. Poi sul caffè senza zucchero ci sarebbero altri argomenti, come per esempio il fatto che se ne godrebbe maggiormente la qualità, ma ci svincoliamo da un dibattito più grande di noi e destinato ad ampi, accademici e migliori spazi di confronto. Il consiglio come spiegato da Valter Musso per Slow Food “è di limitare il consumo di zuccheri liberi, spesso contenuti in alimenti non indispensabili dal punto di vista nutrizionale, fonte di quelle calorie che vengono chiamate ‘calorie vuote’”. Ci sono zuccheri e zuccheri, dunque e quelli da tenere sotto controllo sono i cosiddetti zuccheri liberi vale a dire quelli che vengono aggiunti da chi consuma o produce, per modificare il sapore anche per potenziarne la conservazione. “Il consumo medio giornaliero di zucchero libero – ha spiegato a Slow Food il dottor Monge – nel 2016 in Italia era di 100 gr, nel 2019 arrivava a 74 gr, e pur registrando un calo sensibile rimane ancora alto. Dove sono questi zuccheri? Se mangiamo cinque biscotti secchi che troviamo in commercio abbiamo già fatto 25 gr di zuccheri, anche un succo di frutta sono 25 gr, con una bibita zuccherata si arriva ai 35 gr che rappresentano la principale fonte di zuccheri nei bambini e negli adolescenti.

Ad esempio un bambino che a colazione mangia una tazza di latte con i cinque biscotti ha già raggiunto il 50% del quantitativo di zuccheri aggiunti giornalieri auspicabile, poi se aggiunge una bibita gassata o una merendina il limite viene ampiamente superato”. Una specifica riflessione la meritano poi anche i dolcificanti e le varie categorie. “Occorre anche sfatare un fraintendimento sui dolcificanti naturali – ha sottolineato ancora Monge – Partiamo da una semplice distinzione: la categoria dei dolcificanti si divide in calorici e acalorici. I primi sono gli zuccheri ricavati da frutta e verdura, ossia il saccarosio, ma anche il fruttosio, lattosio, miele, sciroppo di mais o di vino e via discorrendo.

I secondi, che non forniscono calorie, possono essere di origine naturale, come ad esempio la stevia, ottenuta dalle foglie di una pianta, e di origine sintetica come l’aspartame o la saccarina. Se nelle etichette dei prodotti alimentari è presente la scritta ‘senza zucchero’ vuol dire che non è stato utilizzato saccarosio o altro zucchero ad apporto calorico, ma che potrebbero essere presenti altri edulcoranti acalorici (artificiali o naturali) che forniscono il gusto dolce al prodotto”. La soluzione, dunque quale potrebbe essere? “La soluzione non è ricorrere a dolcificanti con meno calorie, che comunque mantengono l’abitudine e alimentano il desiderio di dolce – questa la tesi di Monge diffusa da Slow Food – La soluzione ideale sarebbe ripristinare un piacere del dolce più sensato, più naturale: il latte della mamma non è come una bibita gassata”.

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