Anna Maria Boniello. Capri – Pesanti condanne sono stare richieste dal Pubblico Ministero Luigi Sandulli nei confronti dei quattro imputati nel processo sulla morte di Stefano Federico, il trentaduenne caprese che il 16 gennaio del 2011 venne ucciso su una banchina nell’area portuale del Molo Beverello, in prossimità dello scalo marittimo di Calata di Massa, a seguito di un brutale pestaggio da parte degli uomini della sicurezza dello scalo marittimo napoletano. Dieci anni di carcere per ognuno dei partecipanti all’incredibile episodio di sangue: il trentacinquenne di Torre del Greco Marco Gargiulo, Carlo Berriola 43 anni di Portici, il trentaduenne Armando d’Avino di San Giorgio a Cremano ed il quarantacinquenne di Napoli Vitale Minopoli. Tutti dipendenti di una ditta privata che si occupa della sicurezza all’interno dell’area portuale di Napoli. Dettagliata è stata la ricostruzione dei fatti che l’accusa ha esposto nell’aula della IV Sezione della Corte d’Assise di Napoli, al presidente Giovanni Pentagallo ed alla giuria popolare che giovedì pomeriggio dovranno emettere la sentenza. In aula la famiglia del giovane Stefano, che ha voluto a tutti i costi che si facesse luce sull’episodio in cui era caduto vittima il loro congiunto e che nelle prime ore dopo l’accaduto era stato presentato dagli accusati come una morte accidentale. E’ solo grazie ad un’attenta indagine svolta da magistratura e polizia giudiziaria che i colpevoli della morte di Stefano Federico possono avere un nome ed un volto. Il giovane poeta e amante della cultura giapponese che prestava servizio nella reception dell’Hotel Vesuvio di Napoli, stava rientrando a Capri percorrendo un area interdetta al pubblico che separa Molo Beverello e Calata di Massa, a passo veloce per paura di perdere la nave traghetto. Secondo la ricostruzione fatta anche attraverso le immagini delle telecamere di sorveglianza, gli addetti alla sorveglianza si sono lanciati all’inseguimento con un’ autovettura e dopo averlo fermato hanno iniziato un brutale pestaggio prima bloccandolo a terra sulla banchina e poi trascinandolo in un capannone. A inchiodare i quattro sono proprio le immagini e la ricostruzione di un marittimo che ha assistito alla scena da una nave ormeggiata al molo.