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L’antigriffe «Laboratorio» Michele e l’anima di Capri

di Redazione
16 Dicembre 2018
in Events
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Seggiovia Monte Solaro

Da Il Mattino di Napoli – Eccellenze & Talenti –

STORIE ARTIGIANE
Mariano Della Corte

Il successo di Michele Esposito e del suo “Laboratorio Capri” nasce dall’incontro tra la storia sartoriale dei suoi genitori Gigino e Maria Luisa, che negli anni ‘60 aprirono una sartoria nel centro di Capri, ed il suo estro creativo che si fa interprete di questa tradizione. Il punto forte di quella che divenne una bottega artigianale che l’anno scorso ha compiuto i suoi primi 50 anni, erano i capi fatti a mano ed in particolare i pantaloni cuciti da Gigino con tessuti pregiati, italiani ed inglesi, che divennero un must per la ricca clientela straniera in villeggiatura a Capri, composta soprattutto da americani. La sartoria di capi handmade ribattezzata “Laboratorio Capri” non si trovava in quella che diventerà la “main avenue” delle griffe internazionali di via Camerelle, bensì nella lunga discesa di via Ignazio Cerio, che porta al complesso monumentale trecentesco della certosa di San Giacomo.

LA CRESCITA
Intanto gli anni correvano in fretta ed anche Capri subiva una lenta trasformazione sia nei gusti che nelle tendenze di moda. Molte botteghe artigiane tra gli anni ‘70 ed ‘80 cedettero le loro attività a favore dei grandi marchi che sbarcarono sull’isola, sostituendosi al “made in Capri” e mutando in gran parte la fisionomia del luogo. L’abilità di Michele, con l’aiuto del fratello Augusto, rispettivamente classe ‘67 e ’65, sta nel riprendere e reinterpretare questa tradizione fatta di “saper fare”, rinnovando la bottega dei genitori, fatta di alta artigianalità, per un mercato di lusso, con un genio inventivo davvero unico. La sartoria “da Gigino” diventa con l’occhio di Michele “Laboratorio Capri”, un cocktail perfetto di contemporaneità e tradizione che unisce l’artigianalità tipica del “made in Italy” con uno sguardo vintage caprese agli anni ’50. Come dichiara Michele stesso: «L’idea di creare “Laboratorio Capri” è nata quando mio padre nel 2010 aveva deciso di chiudere la bottega storica. Ho cercato di riscoprire il genius loci di Capri, le scarpe fatte a mano, i tessuti artigianali, i pantaloni e le camicie confezionate in bottega, tutto un sistema di know-how che con l’avvento delle grandi griffe era quasi scomparso».


LE RADICI
Michele sul solco della tradizione di famiglia e forte di anni di studio, prima allo IED di Milano (istituto europeo di design, moda e arti visive) e poi in sociologia a Pavia, con tanti excursus in giro per il mondo, riesce ad innovare ed evolvere l’attività di famiglia. Oggi la sua boutique-sartoria è un “must-visit” in Capri con una clientela internazionale: lady americane, giovani californiane, australiane ma anche giapponesi, arabe o russe, fashion blogger ed influencer che ricercano qualcosa di unico e particolare, che però in qualche modo gli ricordi le atmosfere dell’isola. «Le collezioni – continua Michele – sono arricchite da stampe brillanti, dettagli etnici e righe colorate. Nuovi volumi e forme con codici moderni che mantengono inalterato quello spirito inconfondibile di Capri. In tal senso cerco di portare avanti una filosofia contro la globalizzazione, ovvero fornire un capo o un accessorio esclusivo, che si trova solo da “Laboratorio Capri”, con molti riferimenti all’isola, rivisitati in una chiave POP. Ad esempio la mia collezione con le cartoline che è un “carry-over”, che presento tutti gli anni. Per ogni collezione collaboro con un artista diverso, che crea nuove stampe con motivi botanici, oppure che ricordano i colori della nostra meravigliosa isola e del nostro territorio». L’ispirazione per le nuove collezioni nasce in ogni caso da uno spirito attento ai cambiamenti e che si affaccia sul mondo. Michele infatti ha aperto negli ultimi anni diversi pop-up store tra il Giappone, Il Regno Unito ed ora anche negli Stati Uniti. «Ho aperto un “pop up store” da Isetan a Tokyo, due anni fa, questa estate ne ho aperto uno autonomo nel quartiere di Notting Hill a Londra ed ora sono negli Stati Uniti, perché ho intenzione di aprire due “temporary store”, uno a Palm Beach, Miami, ed un altro a New York, dove ho già un corner da Bergdorf and Goodmann». Nonostante questa presenza internazionale, le ispirazioni per i tuoi capi hanno sempre un quid molto caprese. A che cosa ti ispiri per produrre nuovi capi? «Mi ispiro molto all’isola, in effetti, alla sua storia soprattutto, sempre con un occhio al contemporaneo. Guardo come si veste la gente,come si autorappresenta, qual è la relazione col loro vivere la quotidianità, l’arte, ed il cinema.
Tutto un complesso di intrecci legati al momento che viviamo, alla contemporaneità e al design. La produzione viene realizzata in parte a Capri nel nostro Laboratorio ed il resto da artigiani in tutta Italia, specie per quanto riguarda le borse, le scarpe, gli accessori e i gioielli. I materiali sono tutti prodotti di lusso, di cotone, seta, cachemire, coccodrillo. E’ molto importante per me la collaborazione con diversi artisti e designer. L’anno scorso abbiamo avviato una partnership con “Eco Capri” e realizzato dei capi unici, con i disegni originali di Letizia Cerio, mentre quest’anno abbiamo intrapreso altre collaborazioni con giovani artisti del mondo dell’arte contemporanea».

I fondatori, Gigino e Maria Luisa
Esposito, negli anni ‘50. I pantaloni in
tessuto pregiato made in Capri erano
un must per la clientela britannica e,
a strascico, per quella statunitense.
Cartoline, per il «capo d’arte» che
l’atelier dedica ad un frottage
di immagini capresi: abito non conventional, fatto di immagini che hanno folgorato la fantasia dei viaggiatori

 

Greta, la borsa con il manico «cocco»
nella bottega caprese di Michele
Esposito: una delle creazioni che vuole
essere il segno di un’originalità capace
di annullare l’«effetto divisa»

Dall’idea di chiudere
al lancio di uno stile
La sartoria di capi handmade
che diverrà “Laboratorio
Capri” non si trovava in quella
che diventerà la “main avenue”
delle griffes, via Camerelle,
bensì nella lunga discesa di via
Ignazio Cerio, che porta alla
certosa di San Giacomo.
Gigino, lo storico fondatore,
aveva deciso di chiudere nel
2010. I figli Michele ed Augusto
hanno accettato la sfida.

Prec.

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