Fonte: cronachedigusto.it
di Manuela Vacca
In un’isola oppressa dall’overtourism i buongustai che vogliono davvero scoprire al giusto prezzo i sapori del territorio possono trovare una meta sicura
L’isola delle sirene chiama a sé il visitatore con colori saudenti e promesse di attimi eterni: Capri rilascia profumi mediterranei e scorci che non stancano lo sguardo, una beatitudine dovuta a ogni essere del creato. Però è arduo scampare all’incessante marasma umano estivo per passeggiare senza pensieri tra i vicoli scorgendo dettagli nascosti. O ammirare, senza spintoni, i faraglioni dai tanti punti panoramici.
L’isola è stata rifugio per artisti e scrittori e ci si imbatte in targhe commemorative, come quella dedicata all’autrice di “Memorie di Adriano”, Marguerite Yourcenar. Ad Anacapri è imperdibile la visita di villa San Michele, abitata da Axel Munthe, medico e scrittore che qui lasciò un segno immortale. A proposito di case, è celebre anche quella di Curzio Malaparte, che poi fu set del film di Godard “Il disprezzo” e di sfilate o servizi fotografici di Vuitton.
La lista dei personaggi illustri è molto lunga. Arrivarono Brigitte Bardot (attrice per Godard) e Jackie Kennedy. I nomi più recenti del jet set internazionale spaziano da Noemi Campbell a Jennifer Lopez, da Elton John a Bono Vox. Poi aristocratici, supermodelle, grandi stilisti e miliardari sui loro yacht. La mondanità richiama altra mondanità e in questa stagione si è intensificata la preoccupazione per il fenomeno dei numeri eccessivi, il famigerato overtourism. Rappresenta infatti un immenso disagio, per abitanti e visitatori, avere 50mila presenze giornaliere, con il 91 per cento costituito dal mordi e fuggi quotidiano in arrivo la mattina e in partenza al tramonto, giusto per assaporare una briciola dell’allure caprese.
La destinazione è infatti per turisti altospendenti. Grossi gruppi rilevano le proprietà dei residenti e li tramutano in costosi alberghi. Capri è cara anche in ristorante. Vanta insegne di alta qualità mentre di altre si ricorda solo il portafoglio esangue. Ma se l’idea è trovare un luogo di sapori territoriali autentici al prezzo giusto, la meta da scegliere è Columbus, ad Anacapri. Il locale si trova nella piazza accanto alla seggiovia che conduce sulla vetta del monte Solaro, il punto più alto dell’isola. Il bar aprì trent’anni fa. Nel 2000 nacque l’osteria al piano di sopra, dopo i lavori che trasformarono il magazzino in un’accogliente terrazza. È piacevole sedersi ai tavoli, sovrastati da vegetazione curata in anni di pazienza e amore, e iniziare un viaggio in compagnia di una sala attenta ai suoi ospiti e innamorata del proprio territorio.
Le materie prime sono il frutto di una precisa selezione dell’oste Vincenzo Torelli e della moglie Sabina, portata avanti con rigore e curiosità ogni settimana nel giorno di chiusura. Alle spalle hanno generazioni che lavorano la terra. Gli avi di lei erano giardinieri e contadini. “Ricordo nonno che produceva olio e vino: ci faceva stare in cantina nella fase di vinificazione. Poi c’erano sempre melanzane sottolio e pomodori, amarene e i fichi secchi che nonna metteva sotto cioccolato per l’inverno”, riferisce a Cronache di Gusto. Lui invece aveva una nonna contadina e un nonno pescatore-marinaio. “Con il turismo iniziò anche a portare le persone in barca – spiega – mentre l’altro nonno era un postino-pittore che dipingeva i posti segreti di Capri”. Oggi il ristorante fa affidamento sull’orto di casa curato dallo stesso oste, come sull’uliveto di proprietà con quasi 60 piante secolari di Minucciola, cultivar di spiccate note erbacee e mela verde.
Mentre il turismo si espandeva, gli ulivi sui terrazzamenti venivano abbandonati. Finalmente l’olio gioca di nuovo il meritato ruolo negli alberi secolari come in quelli messi a dimora grazie alla manciata di produttori riuniti nell’associazione Oro di Capri, di cui Torelli è vicepresidente. A partire dal 2014, hanno compiuto un lavoro straordinario recuperando la coltivazione e producendo un olio extra vergine biologico di altissima qualità da Minucciola, Rotondella, Frantoio e Leccino. Siccome l’associazione si rivolge alla comunità (e racchiude non solo produttori ma anche artisti, accademici e ricercatori del Cnr), non poteva mancare l’educazione. “Cinque anni fa portavamo ai bambini l’olio accompagnato dal pane ma tornava quasi tutto indietro. Oggi il pane non basta più perché ai giovanissimi l’olio piace moltissimo”, dice l’oste con grande soddisfazione. L’associazione si occupa di sana alimentazione anche delle mamme in dolce attesa e dei loro neonati attraverso “Mamma Evo“, il progetto innovativo che consegna alcune bottiglie di evo e un libro per ogni nuova vita.
Lode all’olio, che l’oste mette in assaggio: Mariosa 3.3.3, nome derivato dalla crasi di Mario e Rosa, genitori di Sabina. I numeri 3.3.3 stanno a indicare che la prima raccolta fu di tre quintali di olive molite alle tre del mattino a un frantoio distante 300 chilometri (andata e ritorno), esattamente quello della Fattoria Ambrosio 1938, scelto per il processo di precisione della trasformazione. Però sono in assaggio pure le bottiglie degli altri produttori. Lo chef Roberto Carraturo sceglie quale usare in base alle preparazioni. E l’olio ricco di polifenoli finisce, al posto del burro, persino nella torta caprese a fine pasto. Ma già all’inizio è impossibile resistere a gustarlo anche con il loro pane realizzato con lievito madre o con quello di un ottimo forno locale da cui si riforniscono in estate.
Buona la scelta dei piatti del giorno, che assicura freschezza. Da provare i piatti tipici locali come la pasta ai ceci, la pasta alla genovese o la pasta e cicerchie (di Anacapri, coltivate in quei terrazzamenti dove null’altro può crescere) e lupini di mare. Tra gli antipasti è doveroso segnalare le deliziose polpette di polpo con crema di carciofi di un piccolo produttore campano. “La preparazione della polpetta è stata ripetuta 25 volte prima di essere messa sul menù, quindi è nata dopo un anno”, precisa il marito mentre la moglie non contiene la risata: “Siamo noi i più difficili da accontentare”.
Il pesce proviene da alcuni pescatori locali, tra cui Giovanni Anastasio per i totani e gamberetti di nassa. La scelta dei formaggi, ovini e vaccini, è focalizzata sugli artigianali a latte crudo soprattutto dell’Avellinese e del Salernitano. Le carni arrivano dall’Irpinia, che “è la nuova Toscana, con animali liberi al pascolo come ci piace”, riferiscono i titolari e proseguono: “La qualità di vita si fa aiutando il prossimo, portando al sistema qualcosa che aiuti gli altri e nella eccellenza, come punto di inizio e non di arrivo. Vogliamo fare qualcosa che sia rispettoso anche di chi lavora con noi per cui facciamo provare a tutti, compreso il lavapiatti, ogni prodotto nuovo”. Una puntualizzazione di sostenibilità lavorativa: “Non possiamo stare sempre aperti per soddisfare la domanda perché dobbiamo acquisire una dimensione di vita o non avremo più pazienza e gioia da trasmettere”.
A tavola non si attende troppo eppure si vive un ritmo naturale. Dopo il dessert un goccio di Olivoncino, liquore locale realizzato con le foglie di ulivo. Sotto scorrono i visitatori. Sopra la musica al volume giusto e uno stato di relax nella cornice di verde realizzata dal lavoro silenzioso di Sabina: “Sono due viti canadese piantate nel 1999. Avevo già chiaro cosa dovevano diventare, scegliendo una pianta a foglia caduca che permette di lasciare il legno per potare e fare la pulizia e dopo tinteggiare”.
Le radici sono vere, non solo metaforiche. La relazione con il territorio è sentita anche da chi sta in sala, a iniziare da Michele Iaccarino. Un passato professionale nei cinque stelle, ha formato tutti gli altri ed è sempre prodigo di spiegazioni e consigli. In ristorante la gentilezza andrebbe data per scontata. Quel non sentirsi un numero ma ospiti ben accetti in casa altrui è vera accoglienza. Qui la si trova. Capri è improvvisamente ancora più speciale.
Ristorante Columbus
Salita Caposcuro, 8
80071 Anacapri (Na)
tel. 081 8371441