Fonte: Il Mattino
di Antonio Menna
Ha giocato a tennis con Adriano Panatta, ha ballato con Naomi Campbell, ha suonato il jazz e ha cantato con Peppino Di Capri, ha solcato il mare con Bud Spencer, ha fatto goliardate con Paolo Vil-laggio, ha costruito la Tangenziale e la Linea Uno della Metropolitana di Napoli, ha conosciuto la fame nera da bambino, le persecuzioni razziali dei nazisti verso la sua famiglia ebrea, i fasti del successo, la caduta delle inchieste giudiziarie, la latitanza, il carcere durante Tangentopoli, la ri-nascita, la bella vita, anche quando si faceva brutta. È stato tante cose Wolf Chitis, per gli amici Vo-lia, scomparso ieri a 91 anni e ricordato da tutti, in queste ore, con dolore e con un sorriso, al di là delle appartenenze e delle distanze, come un simbolo della città più volitiva e aperta al mon-do. Origini ebraiche, infanzia in fuga dai nazisti con la famiglia, approdo a Napoli in piena Seconda Guerra mondiale: qui patisce la fame. Ma proprio qui, da adul-to, viene costruita una vera scalata sociale.
LA STORIA
Chitis diventa un imprenditore del settore edile. La sua Fondedi-le è tra le prime dieci aziende in Italia. È presidente dei costruttori napoletani: parte dall’impresa economica per fare un’impresa della sua stessa vita. Non ci sono confini nella sua personalità: l’imprenditore è anche impresario, il lavoratore è anche instancabile animatore di serate. In queste ore lo ricordano in tanti perché in tanti lo hanno conosciuto. Impossibile non averlo incrociato negli eventi di sport, musica, mondanità tra Napoli, Roma, Capri. Un’epopea lunga tutto il secondo Novecento. La Napoli da bere, potremmo definirla: quello spensierato impasto tra affari, balli, feste, amicizia, che poi diventava anche un po’ consorte-ria, che ha attraversato il Paese e la città soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, e ha avuto in Chi-tis un indiscusso, ancorché controverso, protagonista.
IL LIBRO
Lui stesso, del resto, aveva scelto di raccontarsi tutto e tutto intero, senza reticenza, in un libro-bio-grafia-confessione dal titolo Sotto una buona stella (edito nel 2017 da LeVarie), scritto col giornalista Marco Lobasso. Trecento pagine di racconti di verità, dalla fuga, i rifugi per scappare dalle SS, fino al mondo degli affari, l’impresa, la città. Un manifesto dell’ottimismo, fin dal titolo, e perfino nelle pagine nere, quelle dolorose. Una lunga storia di amicizia, vitalità e idee, quella di Chitis. Mille vulcani accesi di pas-sione: la musica, innanzitutto; il jazz che arrivava dall’America, il pianoforte, il sodalizio con Peppino di Capri. E poi il gruppo «The good life band», con cui Chitis fa concerti per anni. Ma anche la goliardia, il divertimento per il divertimento: il Clan dei sognatori, così Chitis chiamò un gruppo di amici che si vedeva ovunque con il solo obiettivo di ridere e stare insieme. “Cera Paolo Villaggio, c’era Aurelio De Laurentiis, c’era Paolo Cirino Pomicino. Poi lo sport, il tennis innanzitutto. E qui il grande rapporto con Adriano Panatta, conosciuto a Cortina, in campo insieme per oltre trent’anni, con Chitis alla presidenza del Circolo napoletano. Infine, il mare, dai ricordi di Bagnoli da bambino alle imbarcazioni da sogno, da adulto. Il Mariette, un veliero storico. Poi il Nafisa. Feste a bordo, cene, la gara ad es-serci, e anche la sottile cattiveria di scaricarlo e dimenticarlo, nei giorni difficili di Tangentopoli.
LE INCHIESTE
Le inchieste erano quelle sulle mazzette ai partiti per la Metro-politana. «Fui prosciolto perché io ero la vittima di un sistema malato e degenerato. Altro che tangentista», scrisse nel libro. Ma ci fu anche un patteggiamen-to. Una breve latitanza, poi la permanenza a Poggioreale in attesa di giudizio. «Mi ero dimesso da presidente dei costruttori napoletani e da presidente del Tennis Club Napoli – si legge nel libro – Al Circolo Italia avevo congelato la mia posizione di socio. Scopri nemici che non pensavo di avere, anche al mio amato club di ten-nis. Distribuirono volantini di felicitazioni nei giorni del mio arre-sto: Ce lo siamo tolti di torno, scrissero». Ma un bambino ebreo non si piega facilmente e così l’imprenditore cantante, musicista, ballerino, tennista, goliarda, energico, amico di tutti, rinasce e rivive mille volte, con tutte le sue energie e con una sola, grande forza, che lo ha portato da bambino affamato («se non c’è più niente, una pagnotta di pane bianco portata a casa da tuo padre vale più del paradiso») a uomo di indiscusso, lunghissimo successo.