Fonte: Il Mattino – Spettacoli
di Federico Vacalebre
Alle 23.59 del fatale 9 maggio in rete a sorpresa l’album del rapper mascherato: cinque pezzi nuovi, raccontati da una soap postmelodica girata tra Capri e Napoli
Con i numeri e i messaggi cifrati, si sa, Liberato ama giocare da sempre: alle 23.59 del 9 maggio (e «Nove maggio» si intitola il suo primo singolo, comparso misteriosamente in rete nel febbraio 2017) il rapper mascherato pubblica sul web il suo primo album,cinque canzoni nuove più quelle che abbiamo inutilmente già vivisezionato come pagine della Ferrante nella speranza di scoprire indizi sul suo autore,accompagnate da cinque videoclip, anzi da «Capri rendez-vous», una vera e propria soap-trap opera sospesa tra dolce vita, «Un posto al sole» e nouvelle vague. Regista, naturalmente, Francesco Lettieri: ieri sera ognuno dei pezzi aveva superato le cinquecentomila visualizzazioni. Un fenomeno cross mediale straordinario,
che vede Napoli al centro per la lingua e l’immaginario evocato, per il pegno pagato alla lezione neomelodica, per lo storytelling che promuove immagini da cartolina e bellezze giovanili veraci, oltre che per la supposta provenienza del suo autore/interprete di cui, per una volta almeno, non indagheremo l’identità. C’è fin troppa carne a cuocere, infatti, in questo prodotto insieme antico (rilancia la formula dell’album, con i pezzi nuovi a raccontare una storia come in un vecchio concept, e quelli vecchi che pure parevano reggersi l’uno con l’altro nella narrazione visiva), e moderno: un suono urban, dove il dialetto convive con spagnolo e inglese, uno sbiadito marchio hiphop con l’elettronica dadancefloor. Tutto inizia con «Guaglio’», siamo a Capri, nel 1966, in bianco e nero. Marie, una diva francese sta girando un film. «Guardame ‘nfaccia, ‘rint’’all’uocchie ce sta ‘a nustalgia / No, nun c’a facce / N’atu tren, n’ata ferrovia, nun sacce ‘aro’ stai / Bye, bye, mon amour / Appienne t’cos, vienetenne cu mme/ Ramme n’abbraccio,me ne vaco cu sta voce‘ncapa c’allucca», canta, naturalmente con il solito autotune, l’uomo che si nasconde sotto il cappuccio della felpa, usando il napoletano violentato dei giorni nostri. Il suono qui è quasi reggaeton, il lingo si fa ispanico. Il secondo pezzo, il secondo episodio del melò trap, continua l’azione appena vista, l’attrice si fa accompagnare in barca da un bel marinaio, Carmine, troppo scugnizzo,troppo bello, troppo sarracino, per non concedersi a lui, nonostante le difficoltà linguistiche e le chiacchiere banali che si scambiano sul gozzo, prima di lasciare che a parlare sia solo il linguaggio dei corpi. «Oi Mari’», come già «Te voglio bene assaje», guarda ai classici della melodia napoletana («Maria Mari’») mentre cita lo spot di Dolce&Gabbana davanti ai Faraglioni e il ritmo salseggia con in sottofondo un suono di vuvuzelas o qualcosa di simile. Il terzo atto, «Nunn’a voglio ‘ncuntra’»,ci porta fin oal 1975, alle riprese a colori, siamo ancora a Capri, in una discoteca dove, come sempre, i ragazzi del posto cercano di conquistare le belle in pedana senza evitare frecciate ai turisti-colonizzatori: «Al Nord ci chiamano terroni, dicono che ci rubiamo la fatica loro. E loro che vengono qui per farsi il bagno e prendersi il pesce?». Carmine e Mariasi ritrovano, il suono fonde l’edm con una tammurriata scandita dai putipù. Lei ormai è famosa e ha un uomo al suo fianco, Carmine scappa, deluso. Lo ritroveremo, sposato, padre e carabiniere in «Tu me faje asci’ pazz’»: incontrerà l’attrice, ubriaca persa, in un locale, la porterà via sulle note del ritornello più pop del mucchio. «Tell me that you love me, that you really want it/ faje cartin’ e filter, I told you that I’m sorry / tu me faje ascì pazz’/ piccere’ me faje ascì pazz’». Lei finalmente lo riconosce, giura di averlo sempre amato, vorrebbe portarlo con sé a Los Angeles, Carmine vorrebbe resistere alla tentazione, poi si toglie la fede dall’anularee…
«Niente» chiude la storia senza happy end nella Capri del 2019. Una chitarra elettrica la fa stranamente da protagonista evocando un’atmosfera postmelò. Marie, invecchiata e imbolsita, è tornata sull’isola per il funerale del regista che abbiamo conosciuto all’inizio di questa storia, ma non può fare a meno di gettare un’occhiata, e un batticuore, sulla tomba di Carmine , mentre la canzone ricorda: «Quanne t’aggia ‘ncuntrata/ facive ‘a sciantosa/ Nun ‘o sapive mai, vuo’ truvanne coccosa/ nu core, nu vestito, na nota, nu ciore/ Quanno t’aggia incuntrata nun sapive l’ammore». Sui titoli di coda rivediamo i due, belli e giovani, nell’amplesso in bianco e nero consumato in pieno mare nell’ormai lontanissimo 1966. Poi un gozzo prende il largo,a bordo c’è… Liberato. Ed arrivano i ringraziamenti, che valgono come confessione delle citazioni: Hitchock, Kurosawa, Xavier Dolan, Pasolini, Truffaut, Godard, Polanski, Altman, Cassavetes, Moretti, accanto ai nomi di James Senese e Peppino Di Capri. L’album, che non ha titolo,non ha copertina (sul web è apparso il solito logo della rosa, stavolta in campo nero), e chissà mai se uscirà anche in formato fisico, magari persino in vinile, viene completato dai brani che già conosciamo da tempo: «Nove maggio» appunto, «Intostreet», «Je te voglio bene assaje»,«Gaiola porta fortuna» in una nuova versione per pianoforte e voce, «Me staje appennenn’amo’» e «Tu t’e scurdat’‘eme». Ora, ameno di ulteriori sorprese, ci tocca attendere il seguito della soap, a Roma, il 22 giugno, probabilmente nell’ippodromo di Capannelle, per la prima volta con biglietto a pagamento: in 15.000 sembra abbiano già pagato i 20 euro di costo, senza nemmeno conoscere la location dell’evento.