Fonte: Mattino.it
di Giovanni Chianelli
Placido e la drammaturgia, alle 20, aprono la rassegna insieme alla mostra permanente «Marchesa Casati installation»
Due donne libere sul palco. Una è in carne e ossa, Violante Placido, l’altra è la figura che l’attrice romana incarna, Luisa Casati Stampa, nella performance «Intervista alla marchesa» tratto da uno spettacolo di Paolo Puppa. Alla nobildonna milanese (1881-1957), collezionista d’arte e musa di pittori, è dedicata la settima edizione di «Il salotto della sfinge» che si tiene ad Anacapri, a villa San Michele, dal 21 al 23 agosto. Placido e la drammaturgia, alle 20, aprono la rassegna insieme alla mostra permanente «Marchesa Casati installation», a cura di Nils Harning e Anna Bergman Jurell, con riferimenti alla permanenza di Casati nella stessa villa, dimora di Axel Munthe, tra il 1919 e il 1920. Altri ospiti della manifestazione saranno gli attori Davide Iacopini, Malich Cissé, Anastasia Kaletchuk e Marco Adamo, la politologa e scrittrice Flavia Restivo, la top model Simonetta Gianfelici, i registi Edgardo Pistone e Giorgio Caporali, il saggista Fabriano Fabbri e il giornalista Luciano Garofano. Organizzata dalla fondazione Axel Munthe con il patrocinio degli uffici diplomatici di Svezia e i due comuni capresi, è diretta da Kristina Kappelin, soprintendente della villa. Donna dallo stile di vita eccentrico, Casati destò scandalo per i vari matrimoni contratti, per le feste che teneva nelle sue ville lussuose, per azzardi come passeggiare coperta di sola pelliccia per épater les bourgeois. La pièce è ambientata a Londra, nel novembre 1956, l’anno prima della scomparsa di Casati; 75enne, accoglie nel suo salotto un giornalista siciliano che sta lavorando a un reportage su d’Annunzio e le sue relazioni amorose. «Ma questo è solo il pretesto narrativo» dice Placido. «Casati non è una donna che si accontenta di essere raccontata come una delle tante amanti di D’Annunzio».
Placido, che idea si è fatta di una donna così libera e controversa?
«Ho conosciuto una figura che definire all’avanguardia e ribelle alle convenzioni borghese è poco. L’ho approcciata guardandola ritratta nei quadri di Giovanni Boldini e già osservandola si comprende che è molto altro. Eccentrica, coraggiosa, affrontarla apre a un mondo infinito che corrisponde all’idea di essere artefice della sua vita. La sua biografia è un indizio: invece di limitarsi a svolgere il ruolo di ricca ereditiera si mette in gioco, sfidando ogni etichetta».
Anche nell’arte era avanti.
«Fu coerente con quanto diceva di voler essere: un’opera d’arte vivente. E divenne ispiratrice di artisti e stilisti, una pioniera delle arti performative e antesignana di molti artisti di oggi, ad esempio di Marina Abramovic: in qualche modo, anche se non cantava Casati è stata, se non altro per attitudine, una delle prime rockstar».
Sembra incredibile che una donna cento anni fa potesse realizzare quel modello di libertà e anticonformismo.
«Oggi ce la sogniamo, in Italia, una figura femminile così creativa, così capace di stupire, di lasciare a bocca aperta. E questo ci fa capire che non basta solo il corpo di una donna per creare scalpore o attenzione, ci vuole molto di più, quella cultura capace di renderci liberi e consapevoli dei confini che vogliamo oltrepassare. Dà varie lezioni al nostro tempo: agli artisti perché fece scelte che non piacevano unanimemente ma erano molto controverse, e anche a noi donne che sembriamo tendere a un ideale di bellezza omologato e artefatto non solo dalla chirurgia estetica. Ma davvero vogliamo farci rappresentare solo dal nostro aspetto fisico?».
A cosa sta lavorando?
«Sto portando in scena in vari festival un progetto teatrale a cui tengo molto, “Femmes fatales”. Ispirato al brano contenuto nell’album “The Velvet Undeground & Nico”, parlo di cinque artiste, a partire dalla cantante e modella tedesca che, per me, ha spinto quel progetto più di quanto lo abbiano fatto Lou Reed e soci. Anche lei fu tanto altro, andò oltre la sua bellezza che fu per lei, in definitiva, una gabbia. Marianne Faithfull, Patty Pravo, Françoise Hardy e Yoko Ono sono le altre protagoniste dello spettacolo, tutte a loro modo delle rocker, donne che hanno fatto dell’arte una via di scoperta personale e di affermazione».