Fonte: Il Mattino
di Alessandra Pacelli
Alcune immagini iconiche sono entrate di prepotenza nella storia dell’arte, ma non mostrano soltanto dei personaggi quanto piuttosto rappresentano snodi fondamentali di una tela narrativa iniziata cinquant’anni fa e le cui diramazioni arrivano all’oggi. Al centro c’è la famiglia Trisorio che, in una magica triangolazione, ha visto Pasquale, Lucia e Laura portare avanti con entusiasmo e coraggio l’attività della galleria. Intorno a loro ruota quanto di più interessante ha saputo esprimere l’estro artistico contemporaneo a partire dalla seconda metà del Novecento, con mostri sacri affiancati a giovani promettenti (che quelle promesse-premesse hanno poi mantenuto), a veri e propri guru, oltre che a performer e avanguardisti vari. Qualche nome, giusto per dare un’idea: Piero Manzoni, Lucio Fontana, Joseph Beuys, Robert Rauschenberg, Dan Flavin, Alighiero Boetti, Dennis Oppenheim, Carlo Alfano, Tom Wesselmann, Allan McCollum, Luigi Ghirri, Sebastiao Salgado, Bill Beckley, Ettore Spalletti, Mimmo Jodice, Martin Parr, Nam June Paik, Rebecca Horn…E sullo sfondo – ma non tanto – una Napoli bella e curiosa, che accoglie ispira e lascia il segno, solare e disperata ma pronta a girare la boa e impossessarsi della ritrovata vocazione ad essere capitale dell’arte: con seduttiva intelligenza, la città ha nutrito artisti divenendone musa e sirena, fagocitando alcuni ed esaltando altri, ma soprattutto proponendosi come scenario possibile per quanto si stava compiendo grazie alla caparbietà di chi vi aveva scommesso. E tra questi, allora come ora, la Trisorio family. Di tutto questo dà conto Studio Trisorio. Una storia d’arte, monumentale volume edito da Electa (pagine 569, euro 80) che in un racconto corale tra artisti, opere, carteggi e album degli ospiti che prende il via nel 1974, ricostruisce l’irripetibile climax di quegli anni e l’unicità di uno spazio divenuto punto di riferimento e di scambio di idee. Le voci narranti sono quelle di Lucia e Laura Trisorio, su cui si innestano le testimonianze di Michele Bonuomo, Bruno Corà, Nicola Del Roscio, Bruno Fiorentino, Angela Tecce, Angelo Trimarco e Andrea Viliani. Ognuno a raccontare una parte di quello che è accaduto in questi 45 anni: dagli affannosi esordi ai ricordi di Villa Orlandi ad Anacapri, approdo di artisti come Beuys, Twombly e Kounellis; e poi il raddoppio con uno spazio romano e la nascita di Artecinema, pluriventennale festival unico nel suo genere che oggi si proietta anche nel sociale. E si scopre che il ritratto della galleria – in cui in molti possiamo specchiarci ritrovando cose che oramai fanno parte di noi – coincide con quello della città.Ma tornando alle immagine iconiche di cui parlavamo all’inizio, ci piace sottolinearne alcune che riteniamo più emblematiche e che meglio spiegano eventi ed atmosfere: una fotografia di Pasquale Trisorio mentre viene legato, quasi contro la sua volontà, in una performance di Vincent D’Arista del 1975; un’altra in cui una poltrona di Mario Ceroli accoglie Lucia Trisorio nel 1972; poi una seduttiva Laura Trisorio fotografata da Helmut Newton nel 1990; e ancora, lo spazio della galleria «invaso» da un enorme cerchio azzurro di Ettore Spalletti, come se fosse un disco volante atterrato a portare visioni di altri mondi (e un po’ è stato così).E poi c’è uno scatto in particolare che va raccontato: siamo a casa Trisorio nel 1972 e Laura è una bambina sorridente di 5 anni seduta vicino a sua madre Lucia, e tende il braccio a stringere la mano di Joseph Beuys mentre Lucio Amelio le accarezza la testa. Ecco, è la sintesi perfetta di situazioni specialissime, ma soprattutto è la scena di una investitura: l’arte sarà il tuo destino.