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Sopra la Grotta azzurra di Capri. Lavori alla villa romana di Gradola, un capolavoro sul mare blu. Era una delle “case di vacanza” di Tiberio? La storia, la cronaca

di Redazione
16 Ottobre 2025
in News
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Seggiovia Monte Solaro

Fonte: stilearte.it

Sulle scogliere che dominano la Grotta Azzurra, ad Anacapri, il vento del mare comincia a sollevare di nuovo la polvere della storia. Dopo decenni di silenzio e di progressivo abbandono, è stato consegnato il cantiere della Villa romana di Gradola, una delle più spettacolari residenze di epoca imperiale sull’isola. La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli ha annunciato l’avvio dei lavori, diretti dal RUP Luca Di Franco e sotto la supervisione dell’architetto Brunella Como, funzionario responsabile della direzione degli interventi. Gli interventi, come spiegano i tecnici della Soprintendenza, rappresentano una tappa fondamentale in vista della futura apertura al pubblico della Villa, che entrerà a far parte del percorso del nuovo Ente autonomo Musei e Parchi Archeologici di Capri. Un luogo di straordinaria bellezza che, passo dopo passo, si prepara ad accogliere nuovamente il pubblico.

Collocata su una terrazza naturale del versante occidentale, poco sopra la celebre Grotta Azzurra, la Villa di Gradola domina un panorama che unisce mare, roccia e vegetazione mediterranea.

Costruita tra la fine del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C., essa si articolava su più livelli, collegati da rampe e scale nascoste, che digradavano verso il mare. I resti attualmente visibili appartengono a due piani principali: quello superiore, con almeno sei ambienti in parte decorati da intonaci dipinti — zoccolo rosso e campiture gialle, in una tavolozza raffinata che rimanda alle dimore pompeiane — e pavimenti a mosaico bianco; e quello inferiore, che conserva le ampie cisterne per la raccolta delle acque e le strutture di servizio.

Si tratta di un complesso di straordinaria coerenza architettonica, che sembra costruito per il piacere della visione e dell’ascolto: le terrazze erano orientate a catturare il respiro del mare, il suono delle onde rimbombava contro le volte delle grotte sottostanti, e l’architettura si fondeva con la natura in un dialogo continuo tra luce e ombra. Le fonti archeologiche indicano che la villa doveva estendersi fino al ciglio della scogliera, in posizione tale da dominare la Grotta Azzurra, probabilmente utilizzata come ninfeo marino o santuario naturale. Le statue di Tritoni e divinità marine rinvenute nei fondali, oggi conservate nella Casa Rossa di Anacapri, testimoniano una decorazione ispirata al mondo delle acque e alla mitologia di Nettuno. Sul piano storico, gli studiosi hanno avanzato diverse ipotesi circa la committenza e la funzione del complesso. Alcuni ritengono che la Villa di Gradola potesse appartenere al sistema delle dodici ville di Tiberio, che punteggiavano l’isola come altrettanti luoghi di soggiorno, svago e governo, in un rapporto di dominio e contemplazione del paesaggio. L’impianto architettonico e la cura degli ambienti di rappresentanza suggeriscono in effetti una committenza di alto rango, forse imperiale, forse di un personaggio strettamente legato alla corte. Altri studiosi propongono invece che la villa fosse una residenza privata dell’élite romana, appartenente a un funzionario o a un membro del senato, destinata all’otium e alla villeggiatura, in un contesto di lusso diffuso che fece di Capri una piccola capitale dell’edonismo mediterraneo.

Il paesaggio in cui la villa si inserisce è quello tipico dell’architettura di otium romana, in cui l’abitazione non si limita a essere luogo di residenza ma diventa strumento di rappresentazione del potere, cornice di contemplazione estetica e spazio di meditazione. Gli ambienti superiori, con le loro aperture sul mare, erano probabilmente destinati a banchetti e conversazioni, mentre le terrazze inferiori ospitavano giardini e vasche. Dalla posizione più alta, in giornate di limpido maestrale, si scorge ancora il golfo di Napoli, e la villa sembra continuare, nella sua rovina, a guardare quel mare che ne fu la ragione stessa d’esistere. Fino a pochi anni fa, Gradola giaceva dimenticata: i rovi avevano coperto i muri, le strutture si erano parzialmente interrate, gli intonaci si sfarinavano lentamente. Oggi, il progetto di restauro e valorizzazione — del valore di circa 640.000 euro — segna la svolta attesa da decenni. Si prevede la messa in sicurezza delle strutture, il restauro delle superfici, la creazione di un percorso di visita accessibile e la digitalizzazione dell’intero complesso con rilievi 3D. Sarà un lavoro di cura e di restituzione, volto a restituire al pubblico l’immagine di una villa che non è solo rovina archeologica, ma documento di un modo di vivere, di guardare e di concepire il paesaggio. Le prime esplorazioni risalgono al 1883, quando l’americano John Clay MacKowen scoprì le prime strutture. Negli anni successivi, Paolo Mingazzini proseguì gli studi, fino all’intervento di Amedeo Maiuri, che ne riconobbe il valore storico e ne dispose la tutela statale. Le campagne successive, tra il 1964 e il 1998, hanno via via arricchito il quadro delle conoscenze, confermando il legame diretto tra la villa e la Grotta Azzurra. Con l’avvio del cantiere, la Villa di Gradola entra finalmente in una nuova fase della sua lunga vicenda. È un ritorno alla luce non solo di un sito archeologico, ma di un paesaggio di memoria, dove il mare, la pietra e la storia tornano a parlarsi. Quando riaprirà, Gradola non sarà soltanto una meta di visita: sarà un’esperienza di immersione nel senso profondo del Mediterraneo antico, un viaggio nel tempo e nello sguardo di chi, duemila anni fa, scelse Capri come luogo in cui il potere si traduceva in bellezza.


Fonti:
Soprintendenza ABAP per l’Area Metropolitana di Napoli, comunicato ufficiale sull’avvio dei lavori (ottobre 2025);

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