Fonte: Metropolis
Il dominus del mercato nero del dattero di mare a Napoli e in provincia era Pasquale Amato, detto o’ Palumbaro, che figura tra le sei persone per le quali il gip Egle Pilla ha disposto il carcere. Una attività, quella della raccolta e della commercializzazione del mollusco, portata avanti con due cugini e come titolare di una nota pescheria che si trova a Secondigliano. Nei sette mesi in cui di intercettazione telefonica gli inquirenti hanno documentato 78 transazioni illecite che vedevano nella veste di acquirenti commercianti (che a loro volta li vendevano), ristoranti, ville per cerimonie, consumatori al dettaglio. Non solo. L’indagato è risultato anche proprietario di sterminati campi abusivi di mitili, sistemati nel demanio marittimo, all’esterno del porto di Napoli, che metteva in vendita senza check sanitario. Pasquale Amato, sempre secondo gli inquirenti, godeva anche della collaborazione di pubblici ufficiali che lo avvertivano in occasione di controlli o ispezioni (tra questi Riccardo Ciliberti e Angelo Esposito, in servizio tra Portici e San Giorgio a Cremano). Le immersioni per la raccolta dei datteri di mare avvenivano sempre di notte e in superficie, a bordo del natante, rimaneva sempre qualcuno a fare da vedetta. Nel caso delle estrazioni avvenute a Capri, ma la circostanza è riscontrabile anche nelle altre località del Golfo di Napoli dove veniva pratica la pesca illegale, il deterioramento della popolazione del mollusco della specie Lithophaga lithophaga’ è stato tale da influire negativamente sul suo ciclo vitale (riducendone il potenziale riproduttivo) e coinvolgendo anche altre comunità biologiche dei fondali capresi circostanti i Faraglioni. Un delitto, viene sottolineato, consumato in un’area protetta, sottoposta a vincolo paesaggistico.