Fonte: Roma
di Giuliana Gargiulo
Un mese fa noi tutti,- la città alla quale ha dato tanto -, abbiamo perso una donna speciale- autentica protagonista che a Napoli ha dedicato energie, progetti e realizzazioni di ogni tipo. Animatrice della vita culturale e sociale, eternamente sorridente ed amata dalla sua grande è diversificata grande famiglia, fin dagli amati figli Alfredo e Andrea ai tanti nipoti, circondata da un schiera di collaboratori ed amici che hanno animato non solo i suoi indimenticabili ricevimenti ma i suoi pensieri affettuosi, Serenella Pacifico, che ho conosciuto negli anni settanta in occasione di un’ indimenticabile spettacolo di Carla Fracci al Teatro Politeama voluto dal Presidente Paternò per la raccolta fondi destinata ai malati di Lourdes e a seguire il mega ricevimento nell’allora prestigiosa villa di Achille Lauro, fu tra le trentasette donne che negli anni ’80 scelsi “per meriti personali, professionali, cittadini e oltre” per il mio libro “Napoli donna”. Un’intesa mai interrotta, anche se altalenante per le mie lontananze e per i suoi impegni, sempre contrassegnata da telefonate mattutine che non hanno mai superato le otto del mattino. E proprio nello scorso dicembre una di queste fu perentoria quando mi disse: «O vieni, o vieni…mangeremo una cosa insieme e io ti vorrò raccontare ancora una volta di me». A distanza di un mese da quando è volata via trascrivo, con il solito sentimento di amicizia e ammirazione, quanto ancora una volta mi raccontò di sé e della sua vita e che non feci in tempo a pubblicare.
Come è cominciata la tua storia?
«Sono nata a Milano, con una sorella Ismene, in una famiglia con un padre deputato del Sud e una madre figlia di proprietari terrieri legata a Benedetto Croce. Ero una bambina “muta”, che a dieci anni ha cominciato a parlare, isolata, triste e introversa, lentigginosa e di capelli rossi che a undici anni scoprendo la lettura e lo sport presi possesso di me stessa».
Questo rigore è stato poi una costante?
«Mia madre mi chiamava il “passero solitario dell’oblio” perché introversa… che poi, con la cultura e lo sport, dalla malinconia sbocciai passando ad una reale giocosità che mi ha poi fatto apprezzare ogni giorno della vita.
L’amore si espanse verso gli altri e per la natura, con una grande curiosità e attenzione spinta ad ascoltare…Perciò mi sono arricchita nell’ascolto, anche per la grande curiosità che mi ha facilitato la vita».
Paure ne hai mai vissute o provate?
«Non ho paura di niente e non è coraggio, spesso incoscienza, invece è forza in me stessa con l’avere coscienza delle proprie capacità e anche delle debolezze».
Volendo fare un bilancio la vita com’è stata?
«Come un percorso di guerra con alti e basi: dall’adolescenza degli anni ’50 agli studi alla Sorbona in Francia con il contatto con l’esistenzialismo, e a seguire gli anni della famiglia e la nascita dei figli. Poi con il ’68 la mia curiosità per i cambiamenti mi spinsero ad una nuova laurea in Sociologia».
In tutto questo il dolore ha avuto un posto?
«Sì. L’evento tragico della morte di mio marito mi mise di fronte ad una scelta d’amore e cioè quella di continuare con un principio etico di amore la sua attività nel campo delle costruzioni, che durava da tre generazioni, con la possibilità storica di vivere il terremoto ma di non aver mai voluto lavorare per la ricostruzione senza regole perché avevo suggerito di ridisegnare questo paradiso che è Napoli che… deve riconquistare il suo splendore» Sei ambiziosa?
«Ho un tipo di ambizione che è la qualità della vita e degli altri».
Che cosa conta… volendo dare un’indicazione?
«È molto importante l’individuo.
Sono una laica e quindi l’individuo racchiude in sé molto e… ne ho rispetto. Do il giusto valore ad ogni incontro».
Cos’altro sei?
«Credo di essere vera, autentica, autocritica».
Cosa avresti voluto?
«Sono sempre vissuta in prima persona. Il carattere è stato il mio destino, non ho mai avuto desideri irrisolti e nel caso… me ne sono fatta una ragione. Non ho né rimorsi né rimpianti ma nostalgia di tutto del mio vissuto, anche di un tramonto visto a Massa Lubrense o della Capri addormentata o della casa di Santa Margherita».
Ricordi?
«L’amore per mia madre, mio marito, mia sorella, pilastri per i quali sono cresciuta. Ognuno mi ha dato tanto».
La cultura che posto ha avuto?
«È fondamentale, è stata la spinta».
La tua attività?
«Sono un costruttore che ha avuto obiettivi mai ambiziosi ma di crescita. Poi il mio grande desiderio che ho voluto realizzare è stato quello di aver creato una grande grande famiglia».
Una soddisfazione qual è stata?
«Con la “Paco Costruzioni” aver creato i più bei restauri d’Italia: da Venezia a Paestum a Rione terra e oltre. I miei obiettivi non sono mai stati ambiziosi ma di crescita».
La vita com’è?
«La mia esistenza è un incastro».
E per chiudere cos’è Napoli per te?
«È fuoco e acqua».