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Piccole storie capresi di Luigi Lembo – L’ultimo dei vasulari

di Redazione
27 Febbraio 2021
in Cultura
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Seggiovia Monte Solaro

di Luigi Lembo

Boscoreale è un piccolo paese in provincia di Napoli che oggi conta quasi trentamila abitanti, Il paese è adagiato sul lato sud-est del Vesuvio e anche se gli abitanti non possono avvertirlo fisicamente, sotto i loro piedi c’è un grande calore che sicuramente influenza il loro carattere e le loro azioni. L’economia del posto si è trasformata in modo caotico, così come lo sviluppo urbanistico. Il territorio, in passato, era prevalentemente agricolo, sfruttava appieno le qualità del suolo vulcanico fertilissimo, poi sfruttava l’altra grande risorsa vulcanica: la pietra lavica.

Cosa legava  questo paesone di provincia  a Capri?

E’ presto detto: un’altra delle funzioni “scomparse” sulla nostra isola: quella della cura e dell’annuale scalpellatura dei basoli delle nostre strade. Ogni primavera infatti, un qualificato gruppo  di questi particolari artigiani, sbarcava sulla nostra Isola chiamata da amministrazioni locali all’epoca non gravate dagli oneri della spending review per scalpellare ogni basolo  delle nostre strade, rendendolo  non sdrucciolevole e adeguato al passaggio di locati e turisti.

Questi specializzati operai erano soprannominati i “mezza pippa”, e la loro opera ha lasciato una testimonianza della loro arte in mezza Italia: strade, banchine di porti, piazze, portoni, che sfidano i decenni se non i secoli.

Il curioso soprannome, mi raccontava uno dei “masti” di tale opera, derivava da un episodio accaduto  ad uno dei capostipiti del gruppo di lavoro, al quale, una volta,mentre si svolgevano dei lavori stradali con scalpellatura delle basole, una scheggia di pietra colpì la pipa del bisnonno spezzandola in due, da qui “mezza pippa”.

Gli attrezzi utilizzati degli scalpellini erano scalpelli di ferro a punta larga, a punta fine detti “puntilli”, corti e a punta larga detti “scapezzini”, mazzuola piccola per gli scalpelli, mazzuola media detta “mazzetta ‘e spacco” che dava il colpo finale dopo aver fatto delle incisioni nella pietra con il “puntillo” in gergo “puntiare” e divideva in due parti la pietra da posare, la bocciarda detta “buciarda” per lavorare la parte in vista delle pietre a buccia più o meno fine.

Capitava a volte che era necessario sostituire le pietre precedenti o trasformare il selciato in pietra antica con basoli. Allora entrava in servizio  una squadra di lavoro così composta: il mastro “vasularo”, due “votta palo” che preparavano, ciascuno un piano di posa, sul quale il manovale addetto alla preparazione della malta versava la stessa, essi poi vi adagiavano la pietra da posare e la tenevano ferma con un palo di ferro, mentre il mastro “vasularo” vi batteva sopra con una mazza di ferro da otto chilogrammi circa per metterla a livello. Completavano la squadra, il misuratore che selezionava le pietre da posare scegliendole della stessa larghezza o se c’era bisogno segnava il pezzo in più da tagliare, e questo lavoro era affidato a uno o a volte anche due scalpellini, detti di “pianta”, che avevano anche il compito di preparare il pezzo di pietra per completare le file di basole sui lati, questo pezzo era a forma di triangolo, ed era chiamato “spighetto”.
Per la movimentazione delle pietre c’erano due portatori che in origine usavano un’asta di legno detta “varra” alla quale veniva agganciata una corda con catena, detta “musciello”, che serviva per imbragare la pietra, che una volta sollevata sulle spalle veniva portata sul luogo di posa

E’ da troppo tempo oramai che non vediamo più all’opera sul nostro territorio i veri vasulari (se non degli occasionali emuli qualche tempo fa…)  e, a  guardare strade come via Vittorio Emanuele (dove d’estate sono all’ordine del giorno scivolate e cadute), la Piazzetta, via Le Botteghe,  vien forte il desiderio che qualcuno si ricordi di loro….

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