di Luigi Lembo
Abbiamo avuto più volte l’occasione di raccontare storie di eremiti che hanno scelto l’Isola come luogo di solitario rifugio; basta ricordare il monaco eremita che viveva a Monte Tiberio tra i ruderi di Villa Jovis o l’estroso Miradois che viveva nella Grotta di Matromania. Pochi però ricordano la storia di eremita nostrano che scelse invece il piccolo Santuario di Santa Maria di Cetrella come luogo del suo romitaggio. E’ la storia di Padre Anselmo, nato ad Anacapri il 28 maggio del 1824. La sua era una famiglia di agricoltori, di un padre e una madre con molti figli come tante sull’Isola. Il lavoro nei campi era duro e la sua voglia di cultura lo spingevano verso altre strade:fu così che lasciò i campi e decise di farsi monaco. Indossò la tonaca dei francescani accettando le regole durissime dell’Ordine, il suo spirito era però ispirato e fatto per la vita monastica con una mente aperta e analitica per gli studi. Divenne così un predicatore appassionato e convincente tanto da essere molto apprezzato dalla popolazione napoletana del quartiere Stella dove soggiornò per qualche tempo. Ma Anselmo sentiva però forte il richiamo di Anacapri e ottenne così dopo numerose insistenze dall’Ordine francescano l’opportunità di stabilirsi nel paese d’origine scegliendo di vivere nel piccolo romitaggio di Santa Maria, una chiesetta cadente lontana dal mondo, immersa nel verde di Cetrella. Inizio così per lui un periodo di duro lavoro incentrato essenzialmente sul restauro della chiesa. Rianimò la devozione del paese verso l’immagine della Vergine, custodita nel tempio, che in passato era stata fervidissima. Ripropose una serie di vecchie usanze d’omaggio alla Madonna: all’epoca ad esempio c’erano circa venti frantoi ad Anacapri e in ogni frantoio tornò l’obbligo di destinare una misura di peltro alla Madonna di Cetrella. Padre Anselmo sapeva essere convincente tanto che i fedeli ripresero a offrire per il santuario di Santa Maria le donazioni di frutta, di verdura, di vino e di grano. Padre Anselmo si faceva macinare il grano dai fedeli che possedevano un mulino e poi panificava egli stesso. L’olio lo vendeva alla gente di Napoli. Col ricavato continuò a restaurare il piccolo santuario e a migliorare la fruibilità dell’antica mulattiera dalla chiesa al paese. Durante il periodo del passaggio delle quaglie sull’isola, aiutava a preparare le reti e trappole per catturarle. In quelle occasioni la modesta e rustica mensa di Padre Anselmo si arricchiva del buon sapore della cacciagione che lui divideva con i pellegrini che salivano al santuario. Nel 1869 fece approntare all’ingresso un registro affinchè i visitatori, firmandolo, lasciassero una testimonianza del loro passaggio. Oggi, in quel registro, tra tanti anonimi visitatori leggiamo nomi illustri come Vincenzo Gemito e Benedetto Croce. Padre Anselmo rilanciò anche la festa dell’otto settembre, che divenne il giorno più importante per l’eremo, perché sacro alla natività di Maria cui era intitolata la chiesa. Il frate riprese l’uso della funzione sacra, della predica e della processione. Il paese accorreva al santuario con canti e candele accese. La festa di Santa Maria divenne una delle più suggestive di Anacapri, esaltata dal luogo incomparabilmente bello e solitario dell’eremo. Ma fu però sicuramente l’arrivo dei Protestanti ad Anacapri che resero leggendaria la figura e l’opera svolta da Padre Anselmo. Capeggiati dal conte Papengouth, i Protestanti raccoglievano sempre più proseliti nella sempliciotta cittadinanza anacaprese; c’era bisogno di una figura autorevole tale da contrastare il dilagare di questa nuova religione. L’uomo giusto era lui: nominato predicatore ufficiale dall’arcivescovo di Napoli Anselmo fu un osso duro per i protestanti che furono costretti a battere in ritirata, nonostante l’elargizione di danaro ai bisognosi li avesse fatti accogliere con simpatia. Prima di arrendersi, i protestanti ricorsero ad un’ultima vigliaccata pur di aver ragione del frate di Cetrella. Poiché molte erano le donne che si recavano al santuario per portare viveri e doni a Padre Anselmo essi sparsero la voce sostenendo che alcune di loro si trattenevano nel santuario durante la notte. Pur trattandosi di una calunnia bella e buona, le autorità ecclesiastiche furono costrette ad intervenire ugualmente vietando a Padre Anselmo la predicazione e la confessione. Sembrava che i protestanti avessero vinto, togliendosi di torno il grande rivale, ma presto venne ristabilita la verità e Padre Anselmo fu riabilitato. Padre Anselmo continuò le sue prediche in paese, ogni domenica, scendendo dal santuario a dorso del suo asinello. Attesissimo, appariva nella chiesa principale di Anacapri dove continuò a confutare le tesi dei protestanti e illustrò e spiegò cose che non si erano mai sentite prima: gli errori della Chiesa di Roma, le lotte per il potere temporale, l’immoralità e i vizi del clero che avevano aperto le porte alla Riforma ed agli eretici. Mori a 68 anni nella casa paterna di via Filietto dove si era rifugiato dopo un malore.