di Luigi Lembo
A guardarlo così, come una struttura diroccata o incompiuta, l’ospedale Capilupi sembra dar l’idea stessa di una scommessa persa nella pur vitale esigenza di dare a Capri un presidio ospedaliero adeguato alle necessità di una comunità isolata dal mare; esigenza ancor più sentita in un periodo di pandemia come l’attuale. Eppure il desiderio di dare a Capri un presidio ospedaliero risale addirittura al medioevo; esistono documenti infatti in cui già nel periodo della peste del 1656 veniva sollevata la necessità di dare all’Isola un ricovero per la cura e l’assistenza dei malati. Nel 1869 si ha traccia documentale di un atto della Deputazione Comunale in cui si registrava la ceditura di cinque palmi di suolo comunale a un tal Salvatore Petagna per costruire nell’area adiacente la sua proprietà un sanatorio. La cosa pare che però non ebbe grande fortuna. Ma un evento determinante si ebbe nel 1920 allorquando don Vincenzo Desiderio, presidente della Congrega alienava la proprietà del legato Capilupi in località Camerelle per acquistare per 50.000 lire una proprietà intestata al consigliere comunale Pietro Scoppa la cui parte bassa era occupata da una birreria. Quest’area infatti era stata destinata da oltre un ventennio a piazzetta di riunione e villetta pubblica e pertanto non era casuale qualche punto di ristoro per i frequentatori di questo particolare punto dell’Isola la cui vista spaziava sui due Golfi. L’abitazione borghese si sviluppava su due piani messi in comunicazione da una scala esterna a doppio rampante. Nel cortiletto d’ingresso vi era la botola di una cisterna munita di pompa che aspirava l’acqua che veniva raccolta in un serbatoio metallico per l’uso quotidiano dell’abitazione. La casa era formata a piano terra da cinque stanze collegato da un lungo corridoio voltato a botte, con pavimento in cemento e due piccoli caminetti in muratura. Un angusta latrina e un lavatoio completavano il piano. Al piano superiore quattro stanze e una loggia con tre colonne e un parapetto in muratura. La proprietà aveva inoltre un fondo rustico di oltre 3000 metri quadri occupato da un vigneto circondato da un filare di alberi da frutta e confinava con le provinciali per Anacapri e Marina Piccola e per via Torina. Nel 1923 l’ospedale intestato a Giuseppe Capilupi cominciò a funzionare come punto di primo soccorso e come luogo di ricovero per gli infermi poveri. A partire dal 1928 l’Opera Nazionale per la protezione della Maternità e Infanzia distribuiva gratuitamente medicine e viveri gratis con un ambulatorio rivolto esclusivamente ai bambini. L’interesse della struttura non era rivolto solo alla cura ma anche alla prevenzione; il primo e il terzo venerdì di ogni mese si svolgeva infatti un corso gratuito di igiene aperto a tutti e una consulenza discreta ma efficace alle donne incinte che fino ad allora si erano potute avvalere solo dell’esperienza delle cosiddette “mammane”. Naturalmente non potendo contare su altre risorse , i gestori della struttura erano costretti a sollecitare continue elargizioni da enti pubblici e privati non disdegnando di organizzare balli, concerti, lotterie, tombole per raccogliere fondi per la gestione ordinaria del nosocomio. Dai bilanci pubblicati tra il 1931 e il 1934 si rileva che erano stati raccolti in tale periodo 85.561 lire di cui 17.000 elargiti dal Comune, 10.000 dal Banco di Napoli, 20.000 da Axel Munthe e il resto da balli di beneficenza. Nel 1931 fu grazie a questi fondi realizzato un impianto di termosifoni e riscaldamento dell’acqua e nel 1932 fu inaugurato il reparto chirurgico con un primo intervento di asportazione di un ulcera gastrica la cui eco ebbe risalto anche sulla stampa locale. Quest’intervento fu realizzato dal dott. Ferdinando del Vaglio coadiuvato dal medico di Capri Oreste Prozzillo. Fino al 1960 l’Ospedale di Capri rimase sostanzialmente come un Infermeria dipendente dall’Ente Comunale di Assistenza avvalendosi, per l’assistenza agli infermi, di personale religioso, che esplicava attività, più che sanitaria, genericamente assistenziale, (ospizio per poveri e lungodegenza). Limitava le prestazioni chirurgiche a quelle indifferibili, e le ostetriche alla sola assistenza al parto spontaneo. Negli anni ’70 nacque l’Ente Ospedaliero Generale di Zona G. Capilupi e furono banditi i primi concorsi per la copertura della pianta organica. A seguito di ciò divenne efficiente il Pronto Soccorso, il Complesso Operatorio con una sala operatoria ed una sala parto, l’ Unità Operativa di Chirurgia Generale, di Medicina Generale, di Ostetricia e Ginecologia e di Pediatria. Vi era anche il Nido, il Servizio di Radiologia dotato anche di un’apparecchiatura TAC, il Laboratorio di Analisi ed il Servizio di Dialisi. Servizi tutti questi che, insieme al Presidio di Ambulatorio Specialistico, restano oggi in massima parte “congelati”, privilegiando la logica di trasferire i malati a terraferma anche per problemi di marginale importanza.