di Luigi Lembo
Peppino di Capri è stato senza dubbio il cantante più noto dell’Isola; i suoi successi hanno contraddistinto una stagione della musica italiana contribuendo in quota parte a impreziosire il mito di Capri nel mondo. Non tutti sanno però che la sua arte nasce da una lunga tradizione familiare; il padre Bernardo suonava il sax, il clarino, il violoncello, il contrabbasso in una orchestrina isolana e, inoltre, aveva un negozio di dischi, allora a 78 giri nei pressi della Chiesa di S Teresa. Il vero antesignano della passione per la musica fu però il nonno Giuseppe, colui che diede il soprannome a tutta la famiglia: era detto Quartino proprio perché soffiava in un flauto privo di un quarto d’ottava. Quartino, come racconta di lui un bellissimo libro Ettore Settanni, era immancabilmente in testa alla banda comunale e onnipresente ad ogni festa di Santi, ogni cerimonia patriottica, ogni esequie. Era sempre presente a zufolare nello stravecchio clarinetto che sfiatava da ogni parte e a condurre una banda composta da personaggi che meriterebbero ognuno di loro una storia a parte, come Alfredo, il trombone, che inghiottiva con le sue spesse labbra la bocca dello strumento, Benetello, il bombardino che, ubriaco della sera innanzi, leggeva lo spartito sottosopra. Peluso, il clarinetto numero due , l’anarchico del gruppo che votava per il Papa, ma che voleva suonare secondo un tempo diverso dagli altri, per questione di principio. C’era anche il figlio di quest’ultimo che suonava la cornetta e che lucidava prima di ogni esibizione con una maniacale passione. Tutti insieme giravano per il paese allietando con un repertorio vario che includeva canzoni patriottiche, brani d’operetta e canti sacri. Ma il repertorio non era casuale: nelle settimane precedenti nella sua bottega di calzolaio (era lui tra l’altro che aveva inventato sandali da frate) si riunivano i “tecnici” festaioli per concordare i pezzi da eseguire. La scelta era sempre movimentata perchè ogni componente cercava di inserire il pezzo dove aveva una maggiore “visibilità” col suo strumento. Ma la scelta finale era sempre la sua perche non a caso era conosciuto come il “masto e tutte e maste e feste”. Quartino era inoltre molto fiscale sul look della sua orchestrina: pretendeva che ognuno degli orchestrali indossasse una giacca, magari scura, esigenza non sempre facile da realizzare. E così era facile intuire che magari qualcuno se l’era fatta prestare da chi magari vestiva con diverse taglie più grandi o, peggio, più minute. Il momento in cui però Quartino si distingueva era durante le cerimonie funebri: qui diventava austero e per consolare parenti e accompagnatori, eseguiva immancabilmente la marcia funebre di Chopin, arricchendola però con ogni sorta di variazione musicale. La stagione di Quartino è stata non a caso quello degli strumenti a fiato, sostituita nel tempo sempre di più da strumenti a corda perché pare che il respiro agli uomini manchi sempre di più; ma era anche la stagione in cui lo spirito della festa era il valore aggiunto alla nostra comunità, inconfondibilmente allietata dalla sua musica e dai mortaretti e le girandole accese dal suo amico Ciacione.