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Home Cultura

Piccole storie capresi di Luigi Lembo – Bruciare una pigna porta bene

di Redazione
28 Dicembre 2020
in Cultura
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Seggiovia Monte Solaro

di Luigi Lembo

Tra i rituali delle nostre zone, benauguranti per l’arrivo del nuovo anno, non ci sono solo quelli legati al  consumo di cotechino e di lenticchie ma anche azioni forse meno conosciute tra i più giovani ma che erano diffusissime nelle case di Capri e Anacapri fino a qualche decennio fa. Parlo dellatradizione benaugurante di bruciare una pigna in casa per far diffondere l’odore della sua resina che si scioglie sul fuoco e raccoglierne e mangiarne i frutti. Questo rituale veniva fatto vicino al camino o, per chi non lo possedeva, sulla “furnacella” a gas accesa.  Col calore si apriva il frutto e uscivano i pinoli che “dipingevano” di marrone le mani di chi faceva questa funzione. Raccolti i pinoli si aprivano uno per uno per mangiarne il candido frutto e soprattutto scoprire con sorpresa la “manina” posta al suo centro. I frutti del pino infatti portano al loro centro una fioritura che ha la forma simile a quella di una piccola mano, simile al tocco di Cristo, segno della sua benedizione Quella di bruciare la pigna è un vecchia tradizione che possiamo far risalire al 1600 tra l’altro grazie ai “cunti”, ovvero attraverso i racconti orali tramandati di generazione in generazione.  Sembra, infatti, che tale tradizione derivi dall’antica “Leggenda del lupino”, sorta nel 1600 e collegata nientemeno che alla fuga di Gesù Bambino e della Sacra famiglia in Egitto, per scampare alla strage degli innocenti ordinata da Erode. Agli inizi del I secolo d. C., infatti, il re di Giudea, venuto a sapere dai Magi della nascita di un piccolo re molto più importante di lui, il Messia, ordinò l’uccisione di tutti i maschi di Betlemme che avessero dai 2 anni in giù. Durante la fuga la Madonna, stremata dalla stanchezza e dalla paura, ad un certo punto avrebbe chiesto ad un albero di lupino di far riparare Lei e suo Figlio tra i suoi alti e fitti rami, ma al diniego di quest’ultimo lo stesso fu condannato a dare per sempre frutti amari. Fu, invece, un pino a permettere a Maria e Gesù di nascondersi e ristorarsi tra le sue foglie. In segno di ringraziamento, allora, il Figlio di Dio impresse in esso un segno indelebile della sua divina gratitudine: ad ogni pinolo lasciò in dono la sua manina e l’odore inconfondibile dell’incenso, a perenne ricordo della sua infinita e devota generosità. Questo straordinario racconto è stato qualche anno fa messo in versi e musicato dal maestro Roberto De Simone, affidandolo poi al canto di Concetta Barra. Rifarlo a noi non costa niente: chiunque esegua questo rituale che oscilla tra il sacro ed il profano si assicureràabbondanza e generosità dal nuovo anno e, credetemi, ne abbiamo davvero tanto bisogno nel 2021!

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