Fonte: Roma
di EUGENIO D’ALESSANDRO
Fondali devastati per i datteri, arrivano gli sconti per la banda
L’INCHIESTA
La holding capeggiata da Pasquale Amato evita la stangata in appello
Sospettato di essere il regista di una sistematica azione di distruzione dei fondali marini del Golfo di Napoli per la raccolta dei datteri, aveva rischiato di andare incontro a una condanna a quasi undici anni di carcere. Questa, almeno, era stata la pena richiesta in primo grado dal pubblico ministero per Pasquale Amato, 60enne pescivendolo di Secondigliano conosciuto come “‘o palombaro”. Dopo aver rimediato 6 anni e 8 mesi di reclusione, Amato, difeso dall’avvocato Paolo Gallina e Antonio Chianese, al termine del processo di appello è riuscito a cavarsela con 4 anni e 9 mesi. I giudici hanno infatti accolto alcune eccezioni sollevate dalla difesa in merito al corretto calcolo della pena. Il processo celebrato innanzi alla seconda sezione della Corte di appello ha però riservato anche altri importanti colpi di scena. I cugini del “palombaro”, Pasquale Amato (classe 1965) e Vincenzo Amato (classe 1970), difesi dall’avvocato Generoso Grasso, hanno ottenuto una riduzione di pena, cavandosela con 4 anni e 4 mesi a testa. Vincenzo Amato (classe 1998), nipote del presunto ras della pesca di froso, è stato condannato invece a 2 anni con sospensione della pena, a fronte dei 4 anni incassati in primo grado. Il giovane imputato era assistito dal tandem difensivo Gallina-Chianese, il quale è riuscito a dimostrare la sua estraneità al disastro e all’inquinamento ambientali, reati che infatti sono stati per lui esclusi dalla Corte di appello.
L’inchiesta della guardia di finanza aveva portato nel marzo 2021 a diversi arresti, oltre che alla scoperta di uno scenario allarmante. Le operazioni di martellamento della roccia per estrarre i datteri, andate avanti quasi giornalmente per oltre 20 anni, avrebbero danneggiato irrimediabilmente il delicato ecosistema sottomarino, in particolare le scogliere antemurali del Porto di Napoli (Molo San Vincenzo e Molo San Giovanni), quella a Castellammare di Stabia, e persino le pareti rocciose di natura carbonatica dei Faraglioni di Capri. Il tutto permettendo ai responsabili di fare profitti enormi. Si calcolava che nei soli due mesi di lockdown (marzo-maggio 2020) sarebbero stati raccolti 8 quintali di molluschi venduti a prezzi tra i 100 e i 200 euro al chilo al mercato nero. Tutti gli indagati erano ritenuti elementi del cosiddetto “gruppo Amato”, dal cognome del presunto capo e promotore dell’organizzazione, ovvero Pasquale Amato “‘o palumbaro”, considerato dagli inquirenti il dominus del mercato nero dei datteri , colui che da decenni pianificava l’estrazione e il commercio del mollusco, che vendeva a Napoli e in numerosi altri comuni limitrofi, anche del Casertano, a ristoratori, commercianti, titolari di ville per cerimonie. Amato, grazie all’aiuto di un militare avrebbe anche evitato alcuni controlli. I cugini Pasquale e Vincenzo Amato, almeno dal 2000, si sarebbero occupati di estrarre i datteri dalle rocce con escursioni notturne subacquee; coinvolti nel losco affare anche i tre figli e i nipoti del “palumbaro”.