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Perchè lo scudo dell’UNESCO non basta a proteggere Capri

di Redazione
17 Ottobre 2019
in Events
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Seggiovia Monte Solaro

Fonte: Il Mattino

di Ernesto Mazzetti

Da Capri è partito un messaggio per l’ Unesco. Il presidente degli albergatori dell’ isola, Sergio Gargiulo, ha chiesto che i Faraglioni entrino a far parte del Patrimonio dell’ Umanità. È qualifica che questo organismo delle Nazioni Unite riconosce a siti di particolare valore storico, culturale o naturale. I Faraglioni, icona geologica di Capri, possono a buon diritto rientrarvi.

Il sindaco di Capri, Marino Lembo, ha anche rilanciato: Perché solo i Faraglioni? Tutta l’ isola merita di essere riconosciuta patrimonio dell’ umanità!

Presumo che seguiranno diffuse adesioni. Che diamine! Sarebbe un paradosso non riconoscere a Capri una tale qualifica. Da almeno duemila anni, da quando un imperatore romano che si chiamava Tiberio decise di farne per oltre un decennio sede stabile del suo potere, a quest’ isolotto d’ appena dieci chilometri quadrati è toccato un ruolo mondiale. Non più politico, ovviamente, nel prosieguo. Dai secoli bui dal Medio evo fin quasi agli albori dell’ Età moderna Capri visse come misera periferia insulare di province a loro volta asservite a poteri lontani. Ma dall’ Età moderna, ecco appunto che s’ è ritrovata al centro d’ una irradiazione mondiale di fenomeni culturali e di costume.

Ha agito un miscuglio quasi magico di fattori: la storia antica, la geologia, i paesaggi. Sulle suggestioni diffuse in ogni Paese, dentro e fuori Europa, da quegli uomini, crocianamente definibili di gusto e di cultura, che ne scrissero nelle loro relazioni di viaggi, è stato ininterrotto il pellegrinaggio di scrittori e poeti, spesso insigni, di artisti eminenti nella pittura e nella musica. Di naturalisti affascinati da tracce della preistoria, dalle rocce, dalle grotte. Milioni di pagine; migliaia di opere. E la platea di personaggi che nel genio come nella sregolatezza hanno lanciato mode, innovato costumi. Ed allora il Patrimonio Mondiale eccolo qui!

Vogliamo che l’ Unesco ci apponga il suo bollo? Ben venga. Sarebbe cosa giusta; ma, consentitemi un peccato d’ orgoglio: sarebbe un titolo di merito soprattutto per l’ Unesco acquisire i Faraglioni e l’ intera isola nella sua lista.

Eppure non sarà facile. L’ Unesco ha finora riconosciuto 1073 beni Patrimonio dell’ Umanita (832 culturali, 206 naturali e 35 misti) in 167 Stati. L’ Italia ne conta il numero maggiore: 55, quanti riconosciuti alla Cina. Il procedimento per ottenere il riconoscimento è lungo e complesso. Ogni anno una commissione nazionale italiana può scegliere solo due proposte tra la massa delle candidature avanzate nel Paese. Le passa alla valutazione d’ una Commissione internazionale di esperti. Per il 2220 l’ Italia propone la Cappella degli Scrovegni e, quale componente d’ una rete europea di sedi termali, Montecatini. In lista d’ attesa ne restano una quarantina. I Faraglioni dovranno mettersi in coda.

C’ è un punto della proposta del presidente Gargiulo sul quale mi pare si possa avanzare qualche realistica perplessità.

Sembrano, lui e il sindaco Lembo, attendersi dal riconoscimento Unesco un poderoso strumento di difesa contro i danni che da anni l’ isola subisce da nocive forme di consumo turistico: caotico traffico marittimo in cui ai servizi di linea s’ aggiungono barconi provenienti dalla costiera; assedio di natanti d’ ogni tipo e dimensioni parcheggianti sotto i Faraglioni ed in ogni caletta; musiche assordanti da terra e da mare; devastanti afflussi mordi e fuggi; traffico caotico lungo le strade. Dubito che di per sé solo un bollo Unesco possa garantire contro siffatti abusi d’ un bene storico, culturale, naturale quale Capri è e deve restare. Abbiamo due esempi vistosi di tale inefficacia del marchio Unesco. È’ il caso dei centri storici di Roma e di Napoli. Entrambi, a giusta ragione riconosciuti Patrimoni dell’ Umanità: eppure afflitti da condizioni di degrado umilianti.

C’ è chi si chiede se il loro stato presente non implichi la revoca del riconoscimento Unesco.

Il punto centrale è che ogni Paese, ogni comunità locale dovrebbe aver a cuore la tutela del patrimonio che storia e natura hanno loro concesso; e tale patrimonio custodire dal deterioramento imposto dallo scorrere del tempo ed ancor più da quello provocato da cattiva gestione ed usi impropri. Vale per il patrimonio storico delle grandi città; così come per ambienti ancor più delicati, quali isole piccole come Capri. I rimedi possibili ben si conoscono: pianificazione razionale dei movimenti marittimi; esclusione di mezzi di grandi dimensioni nella rete viaria isolana; istituzione dell’ area marina protetta almeno a ridosso dei Faraglioni, degli accessi alle grotte di maggior richiamo, come l’ Azzurra e la Bianca. Capri, si sa, va difesa contro le edificazioni selvagge: e in questo settore, pur se restano danni del passato, pare che qualche presidio funzioni.

Così come va difesa dagli arrembaggi selvaggi, di flotte ostili e di invasori poco sensibili alla magica identità dei luoghi. Ed è compito di nostre istituzioni, regionali e locali. Con o senza Unesco.

Prec.

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