Fonte: SenzaLinea.it
Sabato 6 aprile 2024 ore 17.00, a Capri presso la Certosa di San Giacomo (Via Certosa 10), in collaborazione con la Direzione Regionale dei Musei della Campania e con il sostegno dell’associazione L’Oro di Capri, si terrà il concerto della Nuova Orchestra Scarlatti intitolato “Le Stagioni di Vivaldi e Piazzolla”, con violino solista Riccardo Zamuner. Il concerto verrà replicato domenica 7 aprile 2024 ore 19.00 a Napoli, presso la Chiesa dei SS. Marcellino e Festo (Largo San Marcellino 10). All’estro appassionato delle “Quattro Stagioni” di Vivaldi (1725), straordinari ‘paesaggi sonori’ in movimento, calati nella forma del concerto solistico barocco portato alla più pura perfezione, rispondono le “Cuatro Estaciones Porteñas”, capolavori composti da Astor Piazzolla tra il 1964 e il 1970, che intrecciano tradizione colta, jazz e ‘nuevo tango’ in raffinati ‘paesaggi d’anima’ intrisi delle atmosfere di Buenos Aires (grande città di mare come la Venezia di Vivaldi). Non a caso Piazzolla, tra passioni e struggenti nostalgie delle sue Estaciones, cela frammenti melodici e ritmici delle Stagioni vivaldiane, coinvolgendo gli ascoltatori in un gioco di risonanze e contrasti. Protagonista accanto all’Orchestra, sia in Vivaldi che in Piazzolla, il violino solista di Riccardo Zamuner, giovane talento napoletano in ascesa: classe 1997, perfezionato presso l’Accademia di Santa Cecilia, l’Accademia Chigiana e la “Stauffer” di Cremona, regolarmente invitato a esibirsi nelle più prestigiose istituzioni concertistiche italiane e internazionali, tra cui la Filarmonica di Berlino. «Il duello – titolo con cui viene spesso tradotto il racconto di Conrad -, ma anche la contesa, il contrasto, l’opposizione e “le ragioni” che si perdono nel tempo, il diniego di noi stessi che ci travolge: sono questi i nuclei universali de I duellanti. Gabriel Féraud e Armand d’Hubert potremmo essere tutti: in essi si scorge la micro e la macro Storia dell’umanità, in cui ciascuno di noi può trovarsi invischiato nel corso della vita. Ho deciso di portare in scena uno dei più enigmatici e riusciti scritti dell’autore inglese per raccontare la pulsione verso la guerra, che è pulsione di morte e distruzione, non solo verso il nemico, ma prima di tutto verso noi stessi. C’è ancora bisogno di parlarne, perché l’odio è uno dei sentimenti fondamentali dell’umano e non sparirà mai. Non è una questione di civiltà. E il legame profondo, unico, che unisce Féraud e d’Hubert ci insegna che per sopravvivere all’istinto di morte bisogna appellarsi all’unico altro sentimento fondamentale della vita: l’amore. Nessuno dei due desidera davvero la morte dell’altro, ma restano impigliati in questa dicotomia, senza potersi più sganciare l’uno dall’altro, insensatamente e inseparabilmente».