Fonte: Il Mattino
di Santa di Salvo
Perché meravigliarci? L’ aveva scritto, in uno dei primi «carnet des notes» preparatori alle Memorie di Adriano: «Di fronte all’ amore la logica umana è impotente». E lei, insofferente a qualsiasi regola e seduttrice seriale, vivrà in prima persona la contraddizione di un amore durato 40 anni.
Un amore saffico, come si diceva allora. Marguerite Yourcenar e Grace Frick. La scrittrice famosa e la sua traduttrice americana.
L’ aristocratica arrogante e la sua schiava adorante. Che la farà prigioniera suo malgrado.
Fu quasi una luna di miele il soggiorno a Capri nel 1937, dopo un tour che toccò Venezia, Corfù e Delfi. Dalla famiglia Elefante Marguerite aveva preso in affitto La Casarella, una piccola abitazione alla sommità di via Croce, all’ inizio di Matermania. Grace era una docente di letteratura inglese di Kansas City. Si erano conosciute pochi mesi prima a Parigi, nel bar dell’ hotel Wagram in rue de Rivoli. Yourcenar altera e respingente, Frick chiacchierona e intraprendente. Coglie brani di una conversazione su Coleridge e interviene, invitando il giorno dopo la giovane scrittrice dagli occhi cerulei a salire su da lei per osservare insieme i cieli bigi di Parigi. Marguerite è sfuggente, travolta da un amore infelicissimo per il frivolo André Fraigneau, «un uomo che ama altri uomini», uno che la lusinga e la umilia trascinandola nei suoi giri omosex.
L’ incontro con Grace arriva al momento giusto, dopo una giovinezza di totale anarchia erotica.
L’ americana quasi le si inginocchia davanti e Marguerite, benignamente, si lascia amare. A Capri tornerà l’ anno dopo, da maggio a settembre 1938, quattro mesi alla Casarella per avviare la prima stesura del romanzo Il colpo di grazia, che poi finirà a Sorrento. È il passo d’ addio dedicato ad André, la memoria autobiografica dell’ amore impotente tra una donna e un omosessuale. Un tema che lascia una traccia indelebile in tutta la sua produzione, in cui incesto e omosessualità divengono il fulcro di quell’«epica dell’ ambiguità» di cui scriverà Maria Luisa Spaziani.
Della ingombrante ma occulta presenza a Capri della Yourcenar poco si sapeva solo da una lettera pubblicata nella sua autobiografia, anche perché il carteggio completo (lettere, diari, agende sue e di Grace) per sua volontà non sarà consultabile fino al 2037. C’ è voluto il casuale ritrovamento, nel 1999, di alcune bollette della Sippic, la società che gestisce il servizio di energia elettrica sull’ isola, intestate a Margherita Yourcemar (con la «m»), per identificare la dimora e apporvi una piccola targa ricordo in ceramica.
Sulla strada che porta alla villa di Tiberio, Marguerite incede come una regina, come se tutte le porte debbano aprirsi davanti a lei. Ha una voce «rude e dolce come le note basse di un violoncello», si drappeggia in cappe e scialli mentre Grace veste ampie camicie e fazzoletti a turbante. Restano in casa o camminano allacciate, indifferenti ai sorrisetti e ai pregiudizi. Sono già una coppia rodata. E quando i venti della guerra cominciano a soffiare Grace convince Marguerite a solcare l’ oceano e a trasferirsi negli Stati Uniti. È una fuga tra le tante, perché Marguerite assomiglia molto al suo papà dandy e giramondo che lasciava dietro di sé solo «splendide bancarotte». Ma stavolta la «pellegrina e straniera» dimentica colpevolmente in un baule del Meurice di Losanna anche le prime due versioni di Adriano.
Dopo un decennio di letargo letterario, il baule ricompare fortunosamente ritrovato e spedito da un amico nel Maine, dove la coppia ha preso definitivamente dimora a Mount Desert, una piccola isola di fronte alla costa. Poco abitata, nessuno sa indicarla sulla carta, è quasi ai confini con il Canada. Nel cottage di legno bianco chiamato Petit Plaisance Marguerite scrive, fa il pane e medita davanti all’ incisione di Piranesi raffigurante Villa Adriana a Tivoli. Grace cura l’ orto, Marguerite ha vietato tv e automobile. Sono due streghe, dicono i ragazzi del paese. Le Memorie di Adriano, interamente riscritte, arrivano in libreria nel ’51. Il successo è inaspettato e sempre crescente, il Maggio francese lo incorona libro-culto della sua generazione.
Ma il 68 è anche l’ anno di L’ opera al nero, forse il suo capolavoro.
Ed è anche l’ anno in cui Grace si ammala di cancro al seno, malattia contro cui combatterà per vent’ anni. «L’ amore è un castigo.
Ci punisce di non aver saputo restare soli» scrive la Yourcenar.
E dunque, dopo la morte di Grace, il destino la punisce ancora. Ha 77 anni, è un monumento nazionale ma non si rassegna. Così diventa di nuovo ostaggio di un amore impossibile, perdendo totalmente testa e cuore per un «uomo che ama altri uomini». Ha quasi cinquant’ anni meno di lei, Jerry Wilson, giovane fotografo che con lei gioca a fare Antinoo e l’ accompagna ai Caraibi tre mesi dopo la morte di Grace. È un rapporto pericoloso ma stuzzicante, un amore senile coinvolgente e umiliante, con fasi di alcol droga e sopraffazioni. Lei però dice di vivere con lui i giorni più belli della sua vita, anche se deve dividerlo con i suoi fidanzati gay.
Jerry morirà di Aids nel 1986, dopo tre tentati suicidi. Marguerite se ne va due anni dopo. Anima smarrita in cerca di pace. «Animula vagula blandula» come il suo Adriano. Poco prima della fine dice: «Ci deve pur essere un paradiso da qualche parte».


















