Fonte: Il Mattino
di Francesco Mannoni
«La decadenza degli ideali è un naufragio morale generalizzato», spiega il settantenne scrittore francolibanese Amin Maalouf, a Parigi dal 1976, uno degli intellettuali più impegnati nella ricerca di un nuovo percorso di convivenza multietnica, multireligiosa e multiculturale: «L’ utopia comunista è sprofondata negli abissi, ma il trionfo del capitalismo è accompagnato da un’ oscena esplosione di disuguaglianza. E questo, innegabilmente, è un altro naufragio» Autore di grandi romanzi come Le crociate viste dagli arabi e Col fucile del console d’ Inghilterra, dopo aver vinto a Udine il Premio Tiziano Terzani, ritirerà domenica alla certosa di San Giacomo a Capri il Premio Curzio Malaparte: «Li considero un riconoscimento alla passione che ho avuto sin dall’ infanzia a seguire gli eventi del mondo, cercare di capirne il significato, cercare di spiegarli.La mia preoccupazione è sempre la stessa: osservare il mondo con lucidità, cercando di avere uno sguardo ampio, non solo per quello che viene spontaneamente da me e da dove sono», riflette lo scrittore.
Uno scrittore come Curzio Malaparte, soprattutto quello di «Kaputt» e «La pelle», che raccontano momenti drammatici della storia di Napoli e d’ Italia, dovrebbe esserle caro, allora.
«Certo. A causa del mio background, ho sentito sempre grande affinità con gli scrittori che hanno visto e raccontato il loro tempo. Ho conosciuto Malaparte in adolescenza, colpito dal suo ruolo, non facile, di testimone. Il suo sguardo sul mondo mi sembrava lucido, penso di aver imparato molto da lui.Uno scrittore non sceglie la sua epoca, si sottomette ad essa.E si sforza di trascenderla a modo suo.A volte prendendo parte ai suoi combattimenti, in un campo o nell’ altro, e talvolta scegliendo la via dell’ astuzia, mescolandosi con i personaggi principali, osservandoli da vicino, dietro le quinte come su un palco, cercando di osservare le pieghe delle loro anime.Malaparte è uno di quei rarissimi scrittori che hanno praticato sia il combattimento armato che l’ inserimento sottile.Come lettore, ho visto in lui un testimone di un’ era che era appena finita quando ho aperto gli occhi al mondo, ma i cui echi si sentivano ancora.Come scrittore, ero particolarmente interessato alla sua arte, e più in particolare al suo modo molto personale di combinare notizie e narrativa.Questo approccio molto originale gli è valsa ammirazione, invidia e anche molte critiche.Ma spesso ho l’ impressione che i rimproveri siano rivolti più alla sua epoca che alla sua stessa testimonianza».
Nel suo ultimo saggio «Il naufragio delle civiltà» (La Nave di Teseo, pagine 346, euro 20) esamina le ragioni della crisi che sta compromettendo il futuro del pianeta.
Guerre, terrorismo, problemi ecologici, disfattismi, cataclismi, pandemie e ogni altro genere di disastri dovuti all’ uomo, ai suoi egoismi e ai suoi appetiti insaziabili, hanno portato l’ umanità a un punto di non ritorno. Secondo lei ci restano anni, non secoli, per invertire la rotta. Ma chi sono i responsabili?
«Per temperamento e per principio tendo sempre a comprendere, non ad accusare. Un tempo c’ erano due sistemi politici che si affrontavano in punti diversi del mondo. Questi riferimenti ideologici sono venuti meno ma lo scontro continua. Chiusa la contrapposizione Stati UnitiRussia, altri paesi fanno sentire la loro voce, e penso alla Cina e un domani anche all’ India. Non voglio dire che questi Stati sono i responsabili della situazione in cui ci troviamo, ma alcuni sono più responsabili di altri».
In che misura sono responsabili?
«Se alla fine della guerra fredda gli Stati Uniti avessero adottato una strategia diversa, avrebbero magari evitato le condizioni per non creare un nuovo conflitto latente e aperto la strada a un ordine mondiale che poteva funzionare. Avrebbero potuto mantenere la loro posizione di preminenza a livello internazionale e non avremmo tutti gli scontri che ci sono nel mondo. È ancora possibile salvare nostra civiltà, ma occorre prendere coscienza delle minacce che ci troviamo ad affrontare. Sono di diverso tipo, e la prima che mi viene in mente è l’ incapacità di vivere insieme».
Allude all’ immigrazione?
«Non conosco bene la situazione italiana, ma in diversi paesi europei e anche del Medio Oriente si assiste ad un forte afflusso migratorio che pone una serie di problemi che non sono passeggeri: bisogna riuscire a gestire masse in movimento di persone che si trovano in situazioni di bisogno o di pericolo».
Quali sono i responsabili del naufragio mondiale?
«Chi non ha risposto alla questione climatica: secondo molti scienziati anche il coronavirus sarebbe una conseguenza dell’ ambiente maltrattato. I terroristi che hanno cambiato le nostre vite. I responsabili della nuova corsa agli armamenti. Viviamo in una giungla tra chi vuole migliorare la propria condizione e chi non vuole perdere la propria posizione».
In tutti i suoi romanzi, lei ha sollecitato l’ integrazione delle differenze in Libano, in Medio Oriente, e anche in Europa. Lettera morta?
«Io vengo dal Libano una regione martoriata, e ho una grande diffidenza per i legami esistenti tra politica e religione. Vorrei che le società fossero tutte democratiche, libere anche dal punto di vista religioso. Invece la soverchiante importanza della religione finisce per avere un effetto contrastante; ma non è giusto nemmeno escludere come hanno fatto certe esperienze politiche – la religione dalla vita del paese».

















