Fonte: Il Mattino
di Generoso Picone
C’ è una frase di Gaston Bachelard, una delle poche citazioni che conservi un senso tra le tante di cui si riempie a dismisura il vuoto della postmodernità, su cui si fonda l’ impianto narrativo di Gelosia, il romanzo di Camilla Baresani (La Nave di Teseo, pagine. 377, euro 18) che si apre sul teatro di un giallo con vittima e colpevole in scena e si chiude con la certezza acquisita dell’ impossibilità di ogni attendibile verdetto.
Bachelard sosteneva che l’ uomo è una creatura del desiderio e non della necessità, per questa ragione è per lui più eccitante conquistare il superfluo che l’ indispensabile: se poi il superfluo si colloca alle altezze dell’ inaccessibile e addirittura dell’ impossibile, ecco allora che la tensione verificata dal filosofo francese si trasforma in una ossessione e come tale diventa motore cieco di ogni comportamento, gesto o azione incistati dalla tensione malata. Perché a ragionare di gelosia si comprende di avere a che fare con una malattia, una patologia in grado di rovinare tutto, dalla famiglia al lavoro, all’ esistenza intera. Come uscirne?
Chi implora un aiuto dallo psicologo a cui è ricorso nella parabola alta della sofferenza è Antonio Gargiulo, nato ad Anacapri ma con lavoro a Milano e casa sul Lago di Garda, manager del settore delle «amenities», articolazione del comparto del piacere, punta avanzata dell’ industria dell’ effimero. Che cosa c’ è di più luxury e dunque cool che creare la necessità del profumo, arrivando a catalogare e giudicare le persone partendo dall’ odore e collocarle sulla via maestra della passeggiata olfattiva dove si distingue il bene dal male? Il male che è la puzza, ovviamente.
Simboli fragili dell’ Italia di questi anni sbandati, surrogati di un qualcosa che si insegue e si propone addirittura come il balsamo di una ferita nascosta, nelle pieghe del perturbante dove abitano i fantasmi del proprio percorso. Antonio, quarantenne piacevole e intraprendente nel suo narcisismo, la moglie bella e ricca Bettina imprenditrice del suo campeggio a Desenzano, la giovane Sonia che entra da collaboratrice nell’ azienda delle «amenities» e va a occupare il posto di amante del capo, nelle pagine di Baresani sono delle creature della gelosia: di quella dipendenza tossica che progressivamente arriva a pervadere ogni ora e ogni pensiero, di quel tormento che spiega Emil Cioran nell’ esergo al romanzo nell’ accanimento a una sofferenza pone il geloso in competizione soltanto con il martire.
Lui, l’ altra e lei. La storia potrebbe ridursi all’ essenziale del triangolo amoroso che si disegna in una Italia dove l’ apparenza eccitante del lusso non riesce a coprire le ombre di crisi e angosce: ma alla base dei desideri che li muovono ci sono paure profonde e ingombranti, deposito inconscio di traumi irrisolti e vigili, ansie di possesso dove l’ interpretazione di Bachelard deve temperarsi nell’ analisi psicoanalitica. Nelle esistenze di Antonio, Bettina e Sonia ci sono dei buchi neri profondi che nessuna trasgressione, nessuna ambizione, nessun infingimento, nessuna adozioni di figli potranno colmare. Rappresentano soltanto forme di anestesia, buone a ritardare la risposta ineludibile alla domanda di fondo: quale è il senso della vita? In quale pratica la vita potrebbe assumere un senso?
Ecco, allora, che la gelosia diventa la febbre a segnalare la temperatura di una malattia ben più grave: quando dal desiderio si passa all’ ossessione attraverso il bisogno ci si trasforma in «uno schiavo, un tossico, un malato. Malato lui. Malata l’ Italia, malata l’ Europa tutta». La gelosia che manifesta un’ ansia di possesso addirittura predatoria il cui obiettivo si trasfigura fino allo svelamento: quando si consegna inadeguato e finto, un feticcio per troppo tempo agognato, un errore di cui comunque si pagano le conseguenze. Camilla Baresani narra così una storia che dalla dimensione intima dei personaggi riflette un sentimento collettivo, un tratto di una condizione pubblica, quasi una cifra politica del presente. L’ amore, la passione, l’ inganno, la menzogna, la beffa: odori di questo tempo che sfumano in essenze perdute