di Luigi Lembo
Quando Mussolini venne a Capri nel maggio 1924, ottenendo la cittadinanza onoraria e declamando la celebre frase “Capri, l’Isola che non si scorda mai” venne sollecitato da Dusmet su uno dei problemi storici della nostra Isola: quello di avere un molo di approdo adeguato alle aspettative turistiche e di fruibilità della nostra comunità. Capri in effetti aveva fino ad allora un semplice molo, progettato prima della Grande Guerra, lungo poco meno di dieci metri ma, soprattutto, con le testate dei fondali a sei metri sotto il livello dell’acqua, insufficienti per l’ormeggio e la manovra dell’unico traghetto della Società Napoletana per la Navigazione del Golfo che collegava l’Isola con la terra ferma. Era così che questi piroscafi erano costretti loro malgrado ad ancorarsi al largo e i passeggeri portati a terra con barche a remi. Inoltre questo molo, per la sua conformazione e posizione, aumentava l’effetto erosione del lato scoperto della Marina causando, soprattutto nelle zone del Fortino dei seri problemi di stabilità agli edifici per la mancanza di difesa dalla forza del mare. A nulla erano valse nel tempo le denunzie del sindaco Cerio al Ministero dei Lavori Pubblici anche in conseguenza delle accorate proteste fatte al Comune da parte di molti cittadini della zona che vedevano le loro case regolarmente invase dai marosi. Fu proprio grazie all’intervento di Mussolini che i lavori per la difesa dell’abitato di Marina Grande vennero deliberati nel luglio del 1926 per prendere avvio appena l’anno dopo, dopo la posa della prima pietra che avvenne con una sobria cerimonia il 13 ottobre 1927. L’importo complessivo dei lavori fu stimato in origine in 28.306,84 lire e di questo importo un quarto fu a carico del Comune di Capri. Il nuovo Molo prevedeva una lunghezza totale di 380 metri; il primo tratto di circa 74 metri con direzione sud ovest-nord, un secondo tratto di circa 306 metri con direzione ovest-est. Per la realizzazione fu allestita una scogliera di imbasamento su cui furono posti una serie di cassoni in cemento armato costruiti in un cantiere di Napoli e rimorchiati poi fino a Capri. Una volta posizionati venivano affondati riempendoli d’acqua e sostituendo poi il liquido con calcestruzzo. Sopra questa infrastruttura fu costruito la banchina attuale con una larghezza di circa 4 metri, sollevata dal livello mare di circa due metri e con un muro guardiano alto 3,50 metri. A ulteriore difesa del bacino portuali fu costruito anche un moletto sottoflutto lungo 80 metri con lo scopo di annullare gli effetti della risacca. Gli interventi per la costruzione del porto furono anche estesi ai servizi necessari all’efficienza della struttura; il Ministero dei Lavori Pubblici provvide tra l’altro a ripulire e a mettere in uso gli antichi serbatoi romani confinanti con via Corigliano per l’approvvigionamento idrico del porto. I lavori durarono comunque diversi anni; ci furono vari blocchi soprattutto suscitati dalla crisi del 29, ma dopo varie interruzioni, finalmente il 5 dicembre 1937, alla presenza del ministro dei Lavori Pubblici Giuseppe Cobolli Gigli, il porto veniva ufficialmente inaugurato. Come però tante opere pubbliche fatte nel nostro Paese, il completamento dei lavori non significò necessariamente la piena efficienza del manufatto; c’era la necessità infatti di una serie di opere accessorie indispensabili al funzionamento del nuovo approdo e alla classificazione di struttura da quarta a terza classe, obiettivo questo che giustificava i corposi interventi pubblici. Uno dei problemi vitali era l’illuminazione del porto, fatto questo che ne avrebbe permesso l’uso 24 ore su 24. Il Postale arrivava infatti spesso quand’era già buio e i passeggeri venivano accolti con fioche candele e con lampade all’acetilene. Fu solo nell’estate del 1939 che il problema fu risolto e l’Isola avere l’agognato riconoscimento di uno scalo moderno ed efficiente.