di Giovanni Chianelli
Vengono definiti agricoltori eroici quelli che producono in zone impervie e terreni aridi, e con una quasi totale assenza di meccanizzazione; non solo per scelta, ma perché trattori e macchine agricole in genere non riescono ad arrivare in questi spazi. Sono eroici anche perché spesso si occupano di coltivazioni delicate e in via di estinzione: come gli ulivi centenari di Capri. Da questo spunto nasce il volume Gli olivi di Capri. Una storia di agricoltura eroica (Electa, 128 pagine, euro 29) di Simonetta Capecchi, presentato ieri alla Feltrinelli di piazza dei Martiri dall’antropologo Marino Niola, l’esperto di paesaggio Carlo Lelj Garolla e il giornalista Pasquale Raicaldo. Un volume di disegni e appunti realizzati in presa diretta: «L’equivalente di un reportage, ma al posto delle foto ci sono i disegni», spiega l’autrice. Il volume racconta e testimonia un anno di lavoro degli olivicoltori dell’associazione L’Oro di Capri e affronta, al contempo, i temi dell’agricoltura sostenibile, il recupero ambientale e l’identità culturale di una comunità. La Capecchi, originaria dell’Emilia ma attiva a Napoli da oltre 30 anni, è stata contatta dall’associazione che lavora alla tutela dell’olivo dal 2014: si tratta di una trentina di ettari di terreno, nei pressi della Grotta azzurra, che fino a poco tempo fa erano abbandonati. Nelle tavole e nei brani si scopre un’altra Capri, lontana dal turismo invasivo e dalla mondanità. Qui c’è un’isola che deve lottare duramente per ottenere i doni della terra: «Il volto meno noto di Capri raccontato in forma di taccuino di viaggio ad acquarello, scritto e disegnato sul posto, per provare a riportare ai lettori una storia straordinaria: quella di un’esperienza collettiva di recupero degli olivi, la riscoperta di pratiche colturali, del rapporto tra le piante e il lavoro dell’uomo, della cura quotidiana del paesaggio», dice la Capecchi. «Concretamente parliamo di un progetto virtuoso di sviluppo sostenibile volto a recuperare l’antica vocazione di Anacapri alla coltivazione dell’olivo, con l’obiettivo di tutelare il paesaggio e produrre un olio extravergine di qualità superiore». Il commento di Niola, che è anche ambasciatore delle Città dell’olio: «L’identità scritta dall’olio è più nobile di quella scritta col sangue. Ciò che emoziona di questo libro è la semplicità, madre della bellezza, perché è fondato sulla verità. Leggendolo ho pensato agli erbari di Linneo o quello narbonense: scorrendo pagine come queste la classificazione scientifica diventa nomenclatura poetica, una poesia scarna perché sta a significare l’essenziale».