di Luigi Lembo
Lo presero mentre passeggiava sereno lungo via Camerelle con la camicia che gli usciva fuori dei pantaloni e l’atteggiamento di un turista distratto; sembrava quasi sorpreso di quello che gli stava accadendo. Chi ha almeno cinquant’anni lo ricorda bene: Se facevi commenti su una ragazza molto più giovane di te, scattava immediata la domanda gonfia di sarcasmo: «Ma che sei Girolimoni?». Un cognome usato come sinonimo di mostro, per deridere, offendere o semplicemente come scherzoso paradosso. Eppure Gino Girolimoni, accusato di aver ucciso quattro bambine e avere abusato di altre due nei quartieri popolari della città eterna fra il 1924 e il 1927, era innocente. Le prove a suo carico vennero spazzate via come castelli di carta dal vento delle prime verifiche. Contro di lui non si riuscì neanche a imbastire il processo: venne prosciolto nel 1928. Ma il sospetto lo corrose, divorò la sua esistenza e, alla fine, lo uccise. Nato a Roma nel 1889, lavorava come fotografo e come mediatore per gli operai vittime di infortuni sul lavoro. Nel periodo 1924-27 Roma fu colpita nel frattempo da una serie di rapimenti, stupri e omicidi di cui furono vittime sette bambine. Emma Giacomini, di quattro anni, fu la prima vittima; venne rapita, mentre giocava in un giardino pubblico il 31 marzo 1924, e ritrovata la sera stessa a Monte Mario, con segni di violenza sul corpo ma ancora viva e senza segni di stupro. I giornali si fecero interpreti dell’angoscia popolare sollecitando la cattura del responsabile. Lo stesso Benito Mussolini, visto il clamore del caso, contrariato per gli insuccessi delle indagini e per evitare che il prestigio del regime ne venisse intaccato, convocò Arturo Bocchini, capo della polizia, per sollecitarlo ad arrestare al più presto il colpevole. Pochi mesi dopo, il 4 giugno 1924, un’altra bambina, Bianca Carlieri, di 3 anni, venne ritrovata strangolata presso la basilica di San Paolo, la piccola mostrava segni di abusi sessuali; lo stesso anno, il 24 novembre 1924, un’altra bambina, Rosa Pelli, dopo essere stata rapita venne ritrovata assassinata presso la basilica di San Pietro. Seguirono altri omicidi: il 29 maggio 1925 venne ritrovata, morta sul lungotevere Gianicolense, Elsa Berni, di 6 anni, scomparsa la sera prima; il 26 agosto 1925, una bambina di 18 mesi, Celeste Tagliaferro, venne ritrovata ancora viva presso lo Scalo Tuscolano mentre Elvira Coletti, di sei anni, fu trovata vicino a ponte Michelangelo ancora viva; infine, il 12 marzo 1927 venne trovata all’Aventino, assassinata, quella che sarebbe stata l’ultima vittima del mostro, Armanda Leonardi, una bambina di 5 anni. Su tutte le vittime furono riscontrati gli stessi segni di violenza e di abusi. Il 9 maggio l’agenzia Stefani dà il grande annuncio: il «mostro» è stato catturato a Capri, l’incubo è finito. Qualcuno aveva annotato nella zona dell’ultimo ritrovamento una targa, era quella dell’auto di Gino Girolimoni ma oltre questo le prove a suo carico erano irrisorie: Un esempio? Nell’armadio del presunto mostro venivano ritrovati 12 abiti, segno che era un «trasformista» e usava quei vestiti per colpire e sfuggire alla polizia. Sottoposto a continui interrogatori Girolimoni non cede nonostante che lo spingono in tutti i modi a confessare. «l’immondo essere», come viene definito dalla stampa, dice che non è lui il colpevole. Finisce in isolamento a Regina Coeli per quattro mesi. Ma continua a professarsi innocente. E nessuno gli crede. Addirittura gli si attribuiscono altri delitti, come l’omicidio di una bimba a Padova nel 1919. Per fortuna c’è un giudice anche a Roma e, l’8 marzo 1928, Gino Girolimoni viene prosciolto «per non aver commesso il fatto» Nel frattempo gli investigatori avevano individuano un altro possibile «mostro»: Ralph Lyonel Brydges, pastore protestante alla Holy Trinity Church di via Romagna. Il religoso era stato fermato, guarda caso, anche lui a Capri per aver adescato una bambina di sette anni. Sicuramente lui era un pedofilo e, secondo il commissario, anche l’assassino delle piccole romane. Però era inglese e Mussolini voleva mantenere buoni rapporti con il Regno Unito. Intanto Girolimoni ritornato libero aveva perso il lavoro. Sopravvisse riparando biciclette e facendo il ciabattino a San Lorenzo e a Testaccio. Il 19 novembre 1961 morì solo come un cane nella sua stanza in subaffitto di lungotevere degli Artigiani 30. Brydges invece restò libero. Nel 1972 uscì anche un film su questa incredibile storia dal titolo “Girolimoni, il mostro di Roma” diretto da Damiano Damiani ed interpretato da Nino Manfredi, film che ebbe un notevole successo sull’onda emotiva di una storia vera. Resta il fatto comunque che ancora oggi, per molti il serial killer di bimbe povere resta solo lui, ingiustamente definito come «l’immondo» Gino.