di Luigi Lembo
Nell’era dell’e-commerce il mondo è piccolo e a portata di click. Basta digitare sul touchscreen dello smartphone o sulla tastiera del Pc per esaudire i nostri desideri e vederli materializzati a casa. Il negozio di abbigliamento più alla moda arriva a domicilio per farci provare le ultime novità dell’industria del fashion o invece trovare il regalo più insolito per le prossime festività natalizie risulta facile e immediato. A rendere possibile la magia del commercio globale che sta dietro ogni vetrina online, ci pensa il nastro trasportatore dei corrieri espresso, un settore che ha visto una crescita esponenziale anche in conseguenza delle limitazioni poste dalla pandemia. Un fenomeno sostanzialmente recente che però in contesti come la nostra Isola ha invece una storia più antica. Questo perché l’esigenza di delegare ad altri acquisti e approvvigionamenti quando il solo recarsi a Napoli rappresentava un’avventura era una necessità per molti. La presenza quindi di corrieri, anzi meglio detti commissionieri, si registra già dall’inizio del 900. L’antesignano di questo particolare lavoro a Capri si può senza dubbio ricondurre ad Alberto Lembo che assieme al cugino Costanzo Lembo gestiva l’attività di commissioniere in un ufficio con annesso negozio nei primi anni del 1900 in via Hohenzollern, di fronte all’hotel Pagano. Nel suo negozio Alberto vendeva liquori, caffè, zucchero e dolcumi ma nell’annesso ufficio prestava i suoi servigi a chi aveva bisogno di documenti dagli uffici pubblici con sede a Napoli. Prendeva ordinazioni per far arrivare dal continente ciò che non si trovava sull’Isola: acquistava i biglietti ferroviari per avventurosi viaggiatori prenotando anche posti nelle carrozze letto, organizzava il trasporto dei bagagli e persino delle salme. Sull’Isola all’epoca mancava un ufficio turistico e quindi anche molti ospiti isolani si rivolgevano a lui. All’inizio del secolo chi viaggiava per diporto era molto spesso ricco e portava con se una gran quantità di bagagli, dove le donne tenevano abiti, sottovesti, ingombranti cappotti e cappelli e, magari gli uomini vestiti di lana, camicie inamidate, bombette e scarpe di cuoio. Di questo servizio Alberto soleva vantarsi per la grande dimestichezza che aveva a far ricevere in breve tempo ai “furastieri” i loro bagagli e non solo; raccontava ad esempio di come una volta aveva accompagnato un ospite inglese che viaggiava con oltre 30 tra bauli e borsoni e di aver reso disponibile sua moglie a stirare per loro, per tutta la notte con il ferro a carbonella, gli abiti sgualciti dopo il lungo viaggio. Raccontava con orgoglio (chissà se poi era vero) di aver salvato degli emigranti che gli avevano commissionato l’acquisto di biglietti marittimi per il Brasile a bordo della “Principessa Mafalda” e che lui, grazie ad una premonizione, aveva preferito non fare. Il Principessa Mafalda andò infatti a picco al largo delle coste brasiliane il 25 ottobre 1927 e con esso il mare ingoiò 314 persone. Insomma, come si direbbe oggi, i cugini Lembo sapevano vendersi bene e grazie a ciò realizzarono in breve tempo un costante e profiquo giro d’affari. Fu così che poi, non contento dei suoi successi di commissioniere, il dinamico Alberto persuase l’allora parroco Don Giuseppe de Nardis ad abbattere una parte del massiccio muro della chiesa parrocchiale per fare spazio a due negozi all’angolo sudovest della Piazzetta: ne prese uno in affitto e aprì un caffè chiamandolo “il Caffè Tiberio”. L’altro negozio lo prese un barbiere aprendo il suo Salone proprio sulla Piazzetta; poi, alla morte di questi, con i proventi della sua attività di commissioniere Alberto Lembo prese anche l’altro locale raddoppiando il Caffè e rendendolo tale per ciò che è oggi il Bar Tiberio.