di Luigi Lembo
Tra gli eventi che saranno ricordati nel nuovo anno e che riguardano la nostra Isola spicca sicuramente un importante anniversario che, anche nell’ottica dei progetti di sviluppo sostenibile previsto dal piano di ripresa e resilienza, risulta ancor più attuale e rimarchevole. Parliamo del primo convegno per il Paesaggio che si svolse proprio a Capri cent’anni fa: il 9 e io 10 luglio 1922. Fu la prima vera occasione per Capri di farsi epicentro di un dibattito sulla tutela che in quegli anni impegnava intensamente i più alti ambienti politici e culturali e che aveva portato, soltanto un mese prima, all’approvazione della legge nazionale sulle bellezze naturali. L’intento era quello di “illustrare la recente legge sulle bellezze naturali e di mettere in valore l’isola di Capri considerandone il suo avvenire dal punto di vista paesistico architettonico, culturale”. L’evento fu organizzato dal Comune di Capri, del quale, dal 1920, era sindaco l’ingegnere e scrittore Edwin Cerio. Ad ispirare il Convegno, e comunque a sostenere l’opera di Cerio, era stato l’on. Giovanni Rosadi, sottosegretario alle Belle Arti nel governo Giolitti, il quale era stato il promotore della legge in difesa delle Antichità e Belle Arti del 20 giugno 1909, ed era stato anche ospite della nostra isola nell’aprile del 1921. Altro fondamentale sostegno Edwin Cerio lo ricevette dal Vice Direttore generale delle Belle Arti Luigi Parpagliolo, il quale, al Convegno, tenne quella che possiamo definire la relazione fondamentale. L’invito al “Convegno del Paesaggio”, fu accompagnato dal Manifesto della bellezza di Capri, scritto da Italo Tavolato, che a quel tempo dimorava nell’isola. Esso, fra l’altro, sosteneva che “la bellezza è sacra, poiché illumina l’essenza delle cose” che nell’isola “la natura non fa esperimenti, ma ci rivela l’opera compiuta, l’Opus Dei”. Il Convegno si inaugurò nella serata del 9 luglio. Dopo la lettura del Messaggio del Comune di Capri, Giovanni Porzio, che, tra il 1920 ed il 1921, era stato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, pronunciò, in tono alto, una breve, applauditissima orazione sulla bellezza di Capri. Sostenne che nell’isola si coglie il limite tra realtà e sogno, e che essa sa offrire l’immagine compiuta della bellezza, del mistero, dell’infinito. Ed anche che le bellezze naturali debbono essere fonti di poesia e di vita, dalle quali i popoli che le hanno avute in eredità devono trarre le loro fortune. Più essenziale fu il discorso di Filippo Tommaso Marinetti, che si sforzò di conciliare l’”amore per l’Italia, che nulla al mondo supera in bellezza”, e la difesa delle bellezze d’Italia e di Capri con le sconvolgenti novità proposte dal Futurismo, del quale aveva pubblicato il famoso manifesto sul “Figaro”, il 20 febbraio 1909. Presidente onorario del Convegno era il generale Armando Diaz, allor famosissimo per la vittoria nella Prima Guerra Mondiale. Ciò portò Marinetti a sostenere che la grande vittoria di Vittorio Veneto aveva centuplicato la grandezza dell’Italia, ma anche che il generale Diaz ed il generale Badoglio, in contrapposizione a due illustri difensori del passato, “che avrebbero voluto e proposero di abbandonare Venezia agli Austriaci”, furono di un parere assolutamente futurista. Filippo Tommaso Marinetti riprese la parola durante la mattinata del 10 luglio, quando il Convegno continuò nelle sale dell’Hotel Quisisana, dove si concluse nel pomeriggio. Edwin Cerio, che aveva letto una relazione sull’architettura rurale nei litorali del Golfo di Napoli e del Golfo di Salerno, rispose di essere d’accordo con lui solo se per stile rurale si intendesse non devozione all’imitazione ed al restauro, ma ricerca di semplicità architettonica, ed adattamento della casa al piano delle proporzioni ed al colore delle rocce. La giornata del 10 luglio proseguì poi con la lunga, attenta, interessante relazione di Luigi Parpagliolo, il quale, prima di illustrare, con grande competenza, la legge sulle bellezze naturali del 1920, aveva ricordato l’inizio del movimento a favore delle bellezze naturali, le cause che lo avevano determinato, le leggi che, a mano a mano, erano state emanate.
Oltre a quella di Filippo Tommaso Marinetti, furono presentate comunicazioni dall’ ing. Michele Guadagno sulla difesa della “macchia” mediterranea, dall’architetto Virgilio Marchi e dallo studioso svizzero Gilbert Clavel che con Depero aveva impostato ad Anacapri i “Balli plastici”, andati in scena a Roma nel 1918 sull’architettura. Dopo saluti di autorità e discussioni, il Convegno si concluse con l’approvazione, all’unanimità, di alcuni ordini del giorno. Fra questi uno, presentato da Filippo Tomaso Marinetti e Luigi Parpagliolo, deplorando le continue deturpazioni commesse a danno del paesaggio italiano, esprimeva il voto che, pur nel riconoscimento dei bisogni della vita moderna, l’uso di nuovi materiali e di metodi di costruzione rispettasse l’ambiente e si intonasse al paesaggio locale. Un altro faceva voto al Ministero della Pubblica Istruzione affinché studiasse le possibilità “di una propaganda almeno settimanale” che, iniziando nelle scuole elementari, si estendesse poi a quelle medie, per diffondere “il culto del patrimonio di bellezza dell’Italia”. Nel gennaio del 1923, Edwin Cerio affidò ad un bellissimo volume, stampato in trecentocinquanta copie numerate, gli Atti del Convegno del paesaggio. E’ stato questo volume a salvare la memoria di quell’ “umile atto di devozione” verso l’isola, che Edwin Cerio volle compiere, portando nello stesso tempo un’importante contributo alla valorizzazione del paesaggio italiano.