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La guerra della mutanda – di Luigi Lembo

di Redazione
9 Maggio 2021
in Cultura
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Seggiovia Monte Solaro

di Luigi Lembo

E’ questo il periodo in cui, in prossimità della stagione estiva, si pensa a quella che viene comunemente definita come prova costume;  c’e stata però una stagione in cui, nello stesso periodo, c’era chi si preoccupava  invece alle dimensioni stesse del costume da bagno in nome della moralità e della pubblica decenza.  Una stagione che ci ha coinvolto come Isola direttamente con una clamorosa protesta che prese il nome di “rivolta delle mutande”. E’ l’inizio dell’estate nel 1948 allorquando,  il Ministero dell’interno, retto allora da Mario Scelba, emana una circolare intitolata “Rispetto della pubblica decenza sulle spiagge e nei luoghi cura”.  Viene proibito l’uso dei cosiddetti slips perché si tratta di un «costume a proporzioni risibili, simulacro di indumento appena tollerabile per esercizio delle gare di nuoto» e che non risponde «alle più mediocri esigenze di rispetto della pubblica decenza». La guerra all’inaccettabile mutandina a triangolo dovrà essere assoluta tanto che  viene configurato come atto perseguibile dall’articolo 726 che puniva  allora con severità chi compiva atti contrari alla pubblica decenza o ad offendere l’altrui pudore.  Vengono addirittura stabilite nella circolare, con un disegno,  le misure obbligatorie minime del costume da spiaggia: per la taglia 48 l’inforcatura non dovrà essere inferiore a 32,5 cm, la larghezza non meno di 10 cm, l’incavo laterale 3, 5 e il fianco  non inferiore ai 16 centimetri.  Inizia così una campagna in tutti le spiagge d’Italia dove severi poliziotti muniti di metro  da sarta controllano misure ed  elevano multe salatissime a chi non si adegua. Non sono da meno anche personaggi noti come ad esempio il  famoso caso  dell’architetto Ferdinando Priori , sopravvissuto ai campi di concentramento in Germania, che all’idroscalo di Milano gli vengono contestate le misure del suo costume. Si svolse perfino una perizia pubblica, in base alla quale lo slip risulta poi  in regola con le disposizioni vigenti: il Priori viene assolto per insufficienza di prove e i due zelanti agenti sono condannati alla sanzione pecuniaria di 5.000 lire ciascuno , non poche per l’epoca. Capri non risulta  naturalmente esente dalle conseguenze  di questa insolita  legge, soprattutto tra i tanti che in quel periodo sceglievano l’Isola per prendere il sole in costume adamitico.  Il fatto però costituiva anche una scusa per aggirare la legge come il caso capitato ad un turista  che sbarcando nudo a Marina Piccola da un gozzo e coprendosi le zone intime solo con un fazzoletto veniva assolto perché si giustificava con il fatto che non indossava il  costume in quanto aveva saputo che gli slip erano vietati !  Nonostante ciò,  la nutrita truppa dei vacanzieri era in subbuglio anche in considerazione che Capri era stata,  già da prima della Seconda Guerra Mondiale, un “porto franco” tale da permettere di camminare tranquillamente in costume da mare  anche per le strade dell’Isola. Il caso volle che nell’agosto di  quell’anno venne qui a Capri proprio lui, Scelba, invitato  a presiedere all’evento turistico di cartello della stagione denominato “l’incendio dell’Isola”.    L’arrivo sull’Isola non fu dei migliori a causa del fatto che sbarcò completamente bagnato in conseguenza del traballante  motoscafo che l’aveva trasportato da Sorrento. Completamente inzuppato fu portato di fretta e furia al Quisisana dove attese in mutande che gli asciugassero il suo completo di cerimonia.  Dopo essersi ritemprato e convinto che i suoi problemi fossero terminati, si avviò tranquillo per la cena di rito  al ristorante del Quisisana.  Sull’Isola  s’era nel frattempo  diffusa la notizia della sua presenza e, i tanti vacanzieri,  preoccupati che il Mimistro Scelba fosse qui  per lanciare una nuova campagna moralizzatrice, decisero di organizzare una chiassosa protesta contro il bigotto ministro: indossati costumi da bagno lunghi fino alle caviglie per gli uomini e accollati vestiti con cuffiette per le donne, sfilarono sotto le finestre del Quisisana cantando e ballando finchè non furono dispersi dalle forze dell’ordine. Il giorno dopo la protesta proseguì sulle spiagge dell’Isola e pur avendo i presupposti di una semplice burla la notizia non sfuggì alla stampa scandalistica che fece scorrere fiumi d’inchiostro su quella che resterà nota come “la guerra della mutanda” .

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