Fonte: Metropolis
di Marco Milano
La Capri di un tempo tra nostalgie e voglia di un futuro sostenibile. L’isola azzurra si interroga tra le strade, i tavolini dei bar ma anche su social, gruppi e chat per capire verso quale strada andare. I rumori, un nervosismo strisciante, una tendenza cafonal sono alcune delle lamentele che emergono da vacanzieri abituali, proprietari di seconde case e indigeni doc. Una comunità che vive quel piccolo scoglio in mezzo al mare da sempre e che soffre con una crescente fatica a guardarlo con lo stesso amore e la stessa suggestione di un tempo. L a Capri di un tempo è anche il club, il rifugio virtuale di internauti e amanti delle foto postate via social, per far ricordare a tutti l’isola quando era colorata da piccoli chioschi, artigiani che facevano scarpe e indumenti a mano, ciucci che si preoccupavano di trasportare bagagli e persone nel territorio caprese. Insomma una tipicità, che probabilmente si sapeva sarebbe finita in soffitta ma non si credeva per essere sostituita da una Capri rumorosa, eternamente stressata e stressante, con resse ovunque, confusione, schiamazzi a terra e a mare che stanno finendo con lo snaturare quella terra che deve il suo mito anche e soprattutto ai suoi silenzi ad suoi paesaggi e alla tranquillità Per salvare Capri dal rumore la ricetta è un mix di bastone e carota. Da un lato potenziare i controlli con applicazione rigorosa di ordinanze e regolamenti e tolleranza zero nei confronti dei trasgressori e di chi infrange la quiete pubblica ed il prezioso silenzio caprese, dall’altro lato provare attraverso messaggi rivoluzionari” a lanciare la nuova moda del silenzio. Nell’isola delle ordinanze clamorose come quella del divieto di camminare con gli zoccoli, a torso nudo e di attraversare la piazzetta con i cani, non sarebbe impossibile, secondo tanti amanti dell’sola. stabilire, per esempio, il divieto di utilizzare i cellulari in piazzetta o stabilire un volume massimo da mantenere se si sta in determinati contesti, tipo le barche a mare, un tempo luoghi sacri e oggi troppo spesso profanati.


















