Fonte: Il Mattino Cronaca – Ernesto Mazzetti
IL PUNTO DEL PROF. MAZZETTI SU TURISTIFICAZIONE, OVERTOURISM E GENTRIFICATION
Vento e piovaschi nel week end delle Palme. Peccato. La Pasqua «alta» poteva mostrare un’avvisaglia d’estate. Eppure, a dispetto dell’aria che tira, quella climatica, ed anche quella politica, si leggono previsioni di grande afflusso turistico in Napoli e dintorni. Il turismo dà numeri in crescita nelle località marine e in città.
Tutti contenti? Forse, ma non mancano perplessità. Cominciamo dal mare. Un dato positivo riguarda la qualità delle acque che bagnano la Campania: il 97 per cento risultano balneabili. Da quando sono in gestione commissariale i pur vetusti depuratori dei litorali casertano e napoletano ci preservano da batteri fecali ed altre porcherie. Con due eccezioni: Bagnoli, causa fondali non bonificati, e San Giovanni a Teduccio, per non eliminati scarichi abusivi nell’alveo Polla. Per il resto tutti al mare: dai proletari «lidi mappatelle» napoletani, ai blasonati lidi isolani e delle costiere da Sorrento a Palinuro. Sempre, però, chiedendoci chi difenderà le pur balneabili acque da altre presenze deturpanti: plastiche, schiume e porcherie varie galleggianti.
Discorso diverso riguarda quanto si teme avverrà sulle superfici marine. Ricordiamo le immagini pubblicate l’estate scorsa dal Mattino: la rada antistante i Faraglioni trasformata in immenso parcheggio di yacht, motoscafi e gozzi. E «parcheggi» consimili in altre rade capresi; ed ischitane, procidane. Che malinconia! I sindaci di Capri ed Anacapri e l’associazione Marevivo se ne sono, giustamente, fatto un problema. L’hanno esposto una settimana fa al ministro per l’Ambiente, Sergio Costa. Il quale ha detto che Capri diverrà area marina protetta «entro l’anno». Benissimo. Ma perché tale genericità temporale? Il problema riguarda i mesi estivi: è questa la scadenza «entro» la quale far scattare la protezione! Il che vuol dire divieti ai natanti di dar fondo, ovvero parcheggiare, attorno ai Faraglioni ed altre siti marini paesisticamente significativi. E limitare la velocità dei battelli; impedire l’accosto all’ingresso delle grotte ad imbarcazioni a motore. Giorni fa se n’è parlato in una riunione al ministero per l’Ambiente, presenti delegati isolani. Speriamo ne sortiscano misure coerenti.
Quando si ragiona su questi temi si sentono molti premettere che il «turismo porta ricchezza». Vero. Ma in realtà ogni alterazione di luoghi mirabili, ad esempio l’assedio deturpante ai Faraglioni, finisce per dissipare proprio la ricchezza che ci si attende dall’attrattiva di paesaggi mitici. Se ne avvedono anche all’estero. Rileggo in Internet un articolo apparso sul Telegraph nell’estate 2017. «Capri rischia di esplodere» per l’eccesso di afflusso turistico, scriveva la giornalista Cornelia Doerr: è come pretendere di riempire con un litro emezzo una bottiglia da un litro. Ne conveniva il sindaco De Martino. Troppi gli sbarchi – questo il succo – da Napoli, Sorrento, Castellammare; 15mila al giorno, un’enormità. Il problema è complesso. Lo si è preso a studiare a livello universitario, individuando un fenomeno definito «overtourism», eccesso turistico. Può rivelarsi una minaccia per località famose, in Italia e all’estero: Portofino, le Cinque Terre, Stromboli, Santorini,
Dubrovnic. Ed anche città: Venezia anzitutto. Senza dimenticare Napoli. Da noi l’«overtourism» s’incrocia con un altro fenomeno di rilevanza sociale ed urbanistica, ovvero la «gentrification»: è quel che accade quando in un quartiere affluisce popolazione diversa per ceto e grado sociale, finendo per espellere quella originaria, non in grado di reggere aumenti di costi delle case e delle merci. In una città come Napoli, dove da sempre, specie nelle aree centrali, esiste una forte mescolanza sociale, non è tanto la gentrification che ha cominciato a modificare l’identità dei luoghi quanto una sua forma diversa, definita «turistificazione». Lo si desume dai dati rilevati da un istituto del CNR: anzitutto la crescita tumultuosa dell’offerta extra alberghiera, ovvero degli appartamenti trasformati in b&b. Molte migliaia in tutta la Campania.
A Napoli nel 2017 se ne registrò un aumento del 335% rispetto al 2016. Una società che gestisce tali strutture indica che qui ne operano almeno 4000. Ma altre rilevazioni raddoppiano il numero. Per il 60 per cento sono nel centro storico; molte sconosciute al Comune. Nel caso di gran parte dei b&b una quota rilevante del profitto va alla multinazionale che ne alimenta la clientela via Internet. In conclusione: viva il turismo apportatore di risorse ad una città in perenne crisi economica. Ma senza dimenticare i risvolti della medaglia. Ovvero migliaia di alloggi sottratti al mercato degli affitti per la popolazione locale; alterazioni dell’identità di quartieri antichi, talvolta con miglioramenti, talaltra con insorgenti appetiti di malavita, già palesati a suon di bombe. Onde sarebbe il caso che, con più cauto compiacimento, circa la rilevante crescita turistica in Napoli e Campania maggior attenzione se ne dedicasse agli effetti collaterali.