Capri. Geppy Gleijeses, il brillante e versatile attore teatrale e cinematografico napoletano, di lui si ricordano Così parlò Bella Vista e Gorbaciov, è tra i più assidui frequentatori di Capri sin da giovanissimo. Vacanziere doc, con villa a Marina Piccola da oltre un mese, qui si è goduto un giusto relax dopo le giornate intense a Spoleto al Festival dei due Mondi, dove ha presentato con suo figlio Lorenzo la sua ultima piece teatrale Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello dividendo il palco con il figlio. L’ attore e regista teatrale, direttore del Quirino a Roma, è sceso in campo quest’ inverno con la sua «Filumena Marturano», regia di Liliana Cavani, nel ruolo di Domenico Soriano.
La sua «Filumena» vanta ben cinque nomination per le maschere del teatro ed una per le sorelle Materassi.
Lei viene a Capri da tanti anni, è uno dei frequentatori che risiede sull’ isola più a lungo, non va mai in albergo e cerca sempre una casa accogliente. L’ isola la affascina e ammalia, la trova cambiata?
«Senz’ altro. Capri non è più quella di Pelos La Capria ed io ho cominciato a venirci quando Pelos tinse di giallo la Grotta Azzurra e si tuffava dai Faraglioni. Capri era quella del playboy Sasà Magrì che con il suo barchino traghettava intorno all’ isola le donne più belle del mondo da Soraya in poi, con a bordo l’ immancabile bottiglia di vino. Era la Capri di Chantecler che aveva il suo spazio riservato alla Canzone del Mare e noi ragazzini rubavamo le sue bottiglie di Champagne».
Stiamo parlando di anni passati, della Capri un tempo, ma lei comunque torna ancora ogni anno, perché?
«Perché Capri è Capri, dai tempi di Cesare Augusto e poi Tiberio, e le scale della piazzetta in fondo sono le stesse sulle quali io tanti anni fa, a 17 anni, lessi la mia prima commedia agli amici».
Quindi per lei Capri è sempre la stessa, nel suo essere isola non è mai cambiata, anche se i luoghi sono diventati diversi ?
«Certo è cambiata come sono cambiati i tempi e le città. Ma il problema vero dell’ isola è che è stata disumanizzata , in particolare sfrattando ed eliminando i tipici ristorantini , le caratteristiche botteghe di artigiani, i chioschi tradizionali, i semplici luoghi di ritrovo, per fare posto ai ristoranti stellati e a grandi firme, che con Capri hanno poco a che vedere».
Molti dicono che tutto ciò giova all’ economia locale, e Capri è diventata un’ isola di lusso proprio grazie a queste trasformazioni ed innesti che l’ hanno resa meta di Tycon, miliardari, emiri.
«Non è vero, fa tristezza sentir dire specialmente ai giovani, e questo è il colmo, mentre passeggiano per via Camerelle che la vetrina di Canfora, che ha calzato i piedi più importanti del mondo, da Onassis ad Agnelli, da Jackie Kennedy a Grace Kelly, ora è fuori moda e stona con quelle più scintillanti delle boutique griffate. Perciò non puoi stupirti del turismo volgare e di quello mordi e fuggi che porta all’ isola meno di quanto danno le grandi navi che passano per piazza San Marco a Venezia.
Ecco perché non puoi meravigliarti quando tra persone quasi si ammazzano in una spiaggia pubblica affollata da bagnanti e bambini. Ugualmente non puoi stupirti più quando vedi un super yacht di oltre 100 metri ormeggiare al largo dei faraglioni per giorni interi».
Ma chi deve arrestare questa trasformazione antropologica?
«Chi ha il compito di arrestare il degrado che sta man mano seppellendo l’ isola non può più chiudere gli occhi e far finta di nulla proprio perché Capri è il più bel posto del mondo. Ci sarà sempre, ed esisterà fino a quando esisterà la Terra».
a.m.b.

















