Fonte: Il Mattino.it
di Alessandra Farro
Poteri guaritivi, piccoli furti e l’importanza del sacrificio: «Nero» è l’esordio alla regia di Giovanni Esposito, anche protagonista insieme alla moglie Susy Del Giudice, oltre a firmare la sceneggiatura insieme a Francesco Prisco e Valentina Farinaccio. In anteprima ieri all’edizione n. 29 di «Capri Hollywood», il festival fondato da Pascal Vicedomini, dopo la presentazione al «Torino film festival», il film, nelle sale nella prossima primavera, è stato girato tra Mondragone e Castel Volturno e prodotto da Bartlebyfilm, Pepito, Run Film e RaiCinema. Nero (Esposito) è un cinquantenne che vive di rapine maldestre insieme alla sorella Imma (Del Giudice) affetta da un grave ritardo cognitivo non diagnosticato. Durante un furto, colpirà a morte una persona, che al suo tocco ritornerà in vita. Così, il ladro scoprirà di avere il dono di guarire il prossimo, ma a caro prezzo: ogni volta che userà il suo potere perderà uno dei suoi cinque sensi. Al cinema in «Io e te dobbiamo parlare» di e con Alessandro Siani e con Leonardo Pieraccioni, prossimamente in «Jay Kelly» di Noah Baumbach con George Clooney, Adam Sandler ed Alba Rohrwacher. Perché un attore che si è affermato con le commedie esordisce alla regia con un film drammatico, Esposito? «È una storia su cui ragionavo con Prisco dal 2018, nata da una delle nostre solite elucubrazioni mentali. Ci chiedevamo cosa accadrebbe se un uomo si trovasse nelle condizioni di Nero: con la responsabilità di un potere incredibile, che lo porta a diventare quasi una divinità, un supereroe al contrario. È vero che vengo dalla commedia, per cui ci sono anche dei punti del film che portano al sorriso, ma volevo stimolare una riflessione importante sul mondo di oggi. Questo è un film sul sacrificio, pratica che ormai nessuno ha più voglia di compiere».
Perché nessuno ha più voglia di sacrificarsi?
«Umanamente siamo alla deriva totale. Non abbiamo più la capacità di guardare e concentrarci sui problemi altrui. Non riusciamo a immedesimarci nel prossimo, capire cosa gli manca e cosa possiamo fare noi per aiutarlo. Così anche il nostro protagonista all’inizio è concentrato soltanto sulla sorella, poi con il progredire della storia e scontrandosi con alcuni avvenimenti emotivamente impattanti cambia punto di vista e si rende conto di dover guardare oltre e riesce a vedere i problemi anche delle altre persone».
Meglio farsi dirigere o dirigere?
«Essere dietro la macchina da presa e contemporaneamente recitare anche come protagonista è stato faticoso, infatti Francesco Prisco è stato fondamentale, diventando i miei occhi mentre io ero in scena (cosa che accadeva molto spesso giacché ero centrale nella storia insieme a Susy). Di lui mi fido ciecamente, ci conosciamo da più di vent’anni e abbiamo lavorato a più progetti insieme, il primo è stato il cortometraggio “Bisesto”, con cui siamo arrivati ai David di Donatello».
Quanto è importante Imma per Nero?
«Il suo personaggio è molto particolare, parla poco e niente per via del suo pesante ritardo. Per lei è stato molto complesso affrontare Imma. Si è documentata molto sulle patologie che derivano da una malattia mentale e ha cercato in me un appoggio per costruire le caratteristiche anche fisiche del suo ruolo. Alla fine, ha interpretato Imma in maniera magistrale, procurandosi anche due ernie, a causa di una postura scomposta del personaggio, in cui si è immersa completamente. Ha passato le ultime due settimane di riprese su una sedia rotelle e si alzava soltanto per girare».
Ha già in mente un prossimo film?
«Ad oggi ritorno attore, è sempre bellissimo farsi dirigere da bravi registi. Adesso, ad esempio, ho appena finito di girare a Napoli “La badante”, l’ultimo film di Vincenzo Marra, che come regista è capace di portarti ovunque e da poco ho iniziato le riprese a Modena della serie Netflix “Il capo perfetto” con Luca Zingaretti, prodotta da Cattleya ed ispirata alla commedia “El Buen Patrón” di Fernando León de Aranoa, con la regia di Roan Johnson dei primi tre episodi e di Niccolò Falsetti per gli altri tre. Non escludo un ritorno alla regia, la prossima volta, però, mi fermerò soltanto dietro l’obiettivo e per il momento non ho una storia che sento la necessità di raccontare, com’è successo con “Nero”».