fonte: Il Mattino
di Geppy Gleijeses
«Ho visto cose che voi umani…». Ho visto l’ allunaggio all’ hotel Luna con i miei amici 50 anni fa, avevo 14 anni, ho ballato selvaggiamente allo Splash corteggiando le meravigliose modelle di Maremoda mentre la splendida Roberta controllava l’ orda urlante dei ragazzini, ho conosciuto il vecchio di Capri con cappellino e pipetta, ho rubato dal «privè» di Chantecler al confine tra la Canzone del Mare e Torre Saracena svariati fondi di champagne infilando il braccio tra le cannucce del separè, ho sentito i racconti di Sasà Magri dalla sua voce mentre solcava i mari di Capri a bordo del suo «Sasa’ s», una bagnarola a motore su cui aveva conquistato Soraya, sono stato amico e ho vissuto nella stessa casa di Pelos La Capria e di prima mano ho sentito racconti mitici di quando dipinse di giallo la Grotta Azzurra, di quando si tuffava dalla sommità dei Faraglioni o masticava i bicchieri di vetro in piazzetta per conquistare le straniere, ho conosciuto e amato i grandi playboy locali, i «leoni di Capri», Enrico Verga, Lele Savino, Massimo De Lieto, Piero Barbati, ho letto sulle scale della piazzetta la mia prima commedia, «Pane e Onestà» nel 73, contornato da centinaia di amici che furono i miei primi spettatori.
Ho pomiciato alla Terrazza del Pittore (per i più giovani Punta Cannone) con ragazzine bellissime mentre il mangiadischi suonava Bob Dylan o Peppino di Capri, ho solcato i mari con i miei amici Fabrizio e Gianni come si doveva fare, con un gozzo che faceva po’ po’ po’ e si chiamava Doce Doce, bevendo una bottiglia di vino bianco, ho fatto impazzire il bagnino pittore della Canzone del Mare che bestemmiava dai bordi della piscina mentre io e Maurizio Bacci giocavamo a «sciuliamazzo» nella piscina che si svuotava, ho accompagnato il mio amico Fabrizio al Capilupi dopo una similrissa tra ragazzi e, vista la penuria di spazi, finimmo in una sala mortuaria con suorine oranti, ho interrotto la mia storia con Debora Caprioglio 16 anni fa a una festa e dopo 15 giorni sono tornato per recitare Vincenzo De Pretore per il mio amico Lucio Dalla al Premio Faraglioni e per portare a Capri Marianella Bargilli, mia seconda moglie. Ho solcato i mari e conosciuto le isole di mezzo mondo. E sono tornato qui. Perché non si può non tornare qui. Non è il posto più bello del mondo. È il mio mondo. E certamente non solo il mio. Ora sono qui e come 46 anni fa con «Pane e Onestà», sto preparando la mia regia di Processo a Gesú e la mia interpretazione di Amadeus con la regia di Andrei Konchalovsky e l’ anno scorso qui ho finito di scrivere la riduzione di Così parlò Bellavista. I miei amici di allora sono sparsi nel mondo, ma sono tutti qui vicino a me. Con la mia dolce compagna Roberta Lucca, nuoto per ore a Marina Piccola, in quell’ incanto di mare di velluto… Una volta prendiamo un sacchetto di plastica, una volta il coperchio del Philadelphia, una volta nu pneumatico scassato. Ma si può? No, non si può.
Mentre leggevo sul «mio» Mattino l’ articolo sulla guerra dei decibel, di fronte a me, per tutto il giorno un motoscafo a 50 metri dalla riva vomitava musica oscena a centibel, altro che decibel.
Non posso più vedere navi gigantesche che penetrano la Grotta Verde, scoprire un accumulo di monnezza perenne dietro l’ approdo dello Scoglio delle Sirene, sentire puzze incontenibili che salgono dall’ impianto di sollevamento di Marina Piccola. Eppure Capri resta sempre Capri, il posto più bello del mondo. E i capresi veri la amano, cercano di salvarla, ma tutti noi facciamo troppo poco. E la pazienza di Madre Natura non è eterna, ricordiamocelo e mobilitiamo subito le nostre energie e le nostre coscienze. È un obbligo civile e morale. Per i cittadini di tutto il mondo. Perché Capri, come la Foresta Amazzonica, è patrimonio dell’ umanità.