Fonte: Roma
NAPOLI. Resta stabile il numero di nuovi contagiati in Campania.
Secodo il bollettino di ieri dell’ Unità di crisi in numeri assoluti i positivi sono aumentati: 4.601 (4.309 precedenti) su 25.806 tamponi (22.696 precedenti). Ma è evidente che in rapporto ai tamponi è diminuito il numero di infetti.
Gli asintomatici sono 4.317, i sintomatici 284. I deceduti tra il 4 ed il 7 novembre sono 15 secondo il bollettino dell’ Unità di Crisi regionale. I guariti sono 440. Il report dei posti letto su base regionale indica in 590 quelli di terapia intensiva disponibili (di cui 186 occupati), in 3.160 quelli di degenza disponibili (di cui 1.817 occupati).
Ma il dato più rilevante è quello sui tamponi. I contagiati rilevati dalla sanità privata ha superato quelli della sanità pubblica, evidenziando l’ enorme falla del sistema sanitario regionale nella gestione dell’ emergenza della pandemia.
Per quanto riguarda il territorio dell’ Asl Napoli 1, quindi il Comune di Napoli più l’ isola di Capri, su 771 nuovi positivi, ben 406, il 52,65% sono stati individuati dai laboratori privati con costi totalmente a carico dei cittadini (il numero di tamponi totali fatti dai privati in un giorno è di 2.188 su 4.951, il 44%). Se si pensa che il prezzo di un tampone molecolare raggiunge anche i 70 euro, è evidente il danno enorme a carico delle famiglie. Scaricare il costo di un’ emergenza globale sui privati cittadini rappresenta il fallimento totale del sistema pubblico della prevenzione. Soprattutto perché i più danneggiati sono coloro che non possono permettersi il costo del test.
Ma perché ci si rivolge al laboratorio privato? Perché il medico di famiglia si è rifiutato di prescrive re il tampone, perché i tempi di attesa del servizio pubblico per il singolo test vanno ben oltre i tempi della stessa malattia, perché i tempi d’ attesa per ottenere i risultati sono ancora troppo lunghi per garantirsi diagnosi e cure tempestive.
Ora la domanda potrebbe essere: è possibile che ci sia un ricorso eccessivo e inutile ai tamponi presso i privati? La risposta è decisamente no. A parlare sono sempre i numeri. La percentuale di positivi sul numero di tamponi processati dal pubblico è del 15,57%, mentre quella dei privati è decisamente più alta: 18,56%. Questo conferma che si rivolge al privato chi ha effettivamente bisogno, ma che non è riuscito a ottenere una risposta efficace dal pubblico.
A questo va aggiunto che i laboratori privati sono stati autorizzati solo in ottobre inoltrato, fino ad allora l’ enorme falla evideziata in questa fase nel meccanismo dell’ individuazione dei positivi non aveva alcun tipo di copertura. Insomma, la situazione è preoccupante e i proclami di efficienza sui social network fatti dal presidente della Regione Campania lo sono ancora di più, perché il problema resta.
La testimonianza del sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, è emblematica: «Stanotte un altro nostro concittadino ci ha lasciato, dopo quella che i suoi familiari hanno definito un’ odissea. Per giorni hanno richiesto, e noi abbiamo sollecitato, il ricovero, arrivato evidentemente troppo tardi», denuncia. Si moltiplicano da giorni le denunce dei sindaci sui disagi e i disservizi dell’ autorità sanitaria dovuti all’ alto numero di contagi nel Casertano; qualche giorno fa il sindaco di Lusciano, comune vicino a Casal di Principe, denunciò un caso quasi simile. Natale ricorda come il 29 ottobre scorso avesse inviato ai responsabili sanitari dell’ Asl di Caserta «un grido di allarme» in cui faceva presente che le criticità osservate nei servizi avrebbero presto potuto portare «a contare i morti e non più solo i positivi». «A quella lettera – scrive oggi – mi fu data una risposta a dir poco disarmante; secondo chi firmava quella risposta, andava tutto bene».
09/11Il MattinoPagina 34Capridi Santa Di SalvoQuei dieci anni senza Maria Orsini Natale cantastorie con ironiaQuando arriva nella tarda maturità, la notorietà ha un altro sapore. Oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa, l’ 11 novembre del 2010, ricordiamo con piacere la levità, l’ ironia e il disincanto con cui Maria Orsini Natale ha saputo gustarsela. Neanche se lo aspettava il successo di Francesca e Nunziata, il capolavoro scoperto dagli Avagliano di Cava dei Tirreni mentre lei cercava di pubblicarlo a sue spese e regalarlo agli amici a Natale. Siamo nel 1995, questa signora non più giovane che abita alle falde del Vesuvio esordisce lasciando a bocca aperta la comunità letteraria italiana. Da dove è uscita, si chiedono tutti, questa ariosa gouache fatta di terra, di mare e di lava? Solo il tocco magico di un antico cantastorie può reggere l’ epica narrazione controcorrente, storica e postrisorgimentale, che intreccia le vite di una dynasty di mugnai della costiera amalfitana divenuti industriali pastai. Molti, da subito, afferrano al volo il suo straripante talento, una creatività che pare scaturita direttamente dal magma vesuviano. Fra questi c’ è Francesco Durante, con il suo finissimo orecchio critico. E noi de «Il Mattino», diamoci pure questa medaglia.
IL CASO LETTERARIO Ciò che impressiona di questo autentico caso letterario è la sua affascinante anomalia. Il percorso folgorante di una sconosciuta diventata rapidamente icona della narrativa meridionale, vivente testimonianza della misteriosa carica energetica del nostro Sud più incompreso. Ancora oggi questa saga familiare fuori dagli schemi, che disdegna mode e tendenze a tavolino, può insegnarci molto. Le si aprono persino le porte dell’ altezzosa Sorbona, mentre ancora i nostri si interrogano sul posto da assegnarle a tavola. E cito la tavola non a caso, perché nella scrittura di Maria il cibo ha sempre avuto una centralità sacrale, religiosa. Si doleva infatti, Orsini Natale, della totale assenza della cucina nella versione cinematografica del suo grande affresco familiare (2002) firmata da Lina Wertmuller e interpretata da Sophia Loren, Claudia Gerini, Giancarlo Giannini e Raoul Bova. La fedeltà a un mondo che va scomparendo in lei ha il senso forte della religiosità del frumento. La sua scrittura poetica si concentra molto spesso attorno ai rituali familiari e alla dettagliata preparazione dei piatti. Il cibo è focolare, è racconto di una gente e di un territorio. È una geografia sensitiva, una mappa di memorie fatte di profumi e di sapori.
Scriveva di notte, Maria, complice il silenzio. E di giorno, nella sua casa di Torre Annunziata (dove nacque, il 19 marzo 1928, e morì) appartata tra i pini e affacciata sul Golfo, mentre il ragù sobbolliva nella pentola, correggeva i suoi articoli per quotidiani e riviste. Cucinava polpette per i nipoti e recitava poesie di Kavafis, combatteva la sua battaglia meridionalista imponendo anche nel dialogo quotidiano la lingua napoletana nella sua sconfinata ricchezza, ragionava di pasta e di poesia e citava il suo verso preferito di Rimbaud («Aspetto Dio con ghiottoneria»).
GLI ALTRI LIBRI Dopo Francesca e Nunziata arrivarono altri libri altrettanto avvolgenti e poetici (Il terrazzo della Villa Rosa, La bambina dietro la porta, La favola del cavallo, Cieli di carta). E l’ intervista a Gioconda Marinelli I girasoli della memoria, in cui il racconto dei domenicali spaghetti allo scoglio diventa sintesi sublime della sua «mediterraneità» più pura. Lei giovinetta, la casa sul mare e il passaggio segreto che porta direttamente alla spiaggia. Così, mentre già bolle l’ acqua sul fuoco, la piccola sirena Maria sguscia via con punteruolo e martello verso le «chiane» riportando a casa frammenti di scoglio con velluti di alghe e di telline da buttare in teglia. Sprigionavano «una fragranza incredibile, così allegra per il cuore, che arrivava fino a Capri».
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