Capri. Antonino Esposito, giovane consigliere comunale delegato al turismo, appartenente a una storica famiglia di albergatori capresi e a sua volta albergatore, ieri in una Capri affollata più che mai e con i servizi pubblici andati in tilt ha rilanciato nuovamente l’ipotesi di ricorrere al numero chiuso. Alla prima prova d’estate, il ponte della festa della Repubblica, quando in un solo giorno Capri è stata invasa da circa quindicimila vacanzieri che di fatto hanno paralizzato l’isola, Esposito furibondo ha riaperto il dibattito sulla sostenibilità del turismo indicando alcune soluzioni.Numero chiuso per arginare l’assalto, è questa la sua proposta? O si tratta di una provocazione?«Si tratta dell’ultima spiaggia a cui vorremmo non dover arrivare, perché invece abbiamo presentato una serie di proposte alternative che potevano e possono essere attuate con estrema semplicità. Non siamo stati con le mani in mano ad aspettare il caos».Quali sono queste proposte?«Diverse idee per la regolamentazione dei flussi, avanzate dai Comuni di Capri e di Anacapri, tutte rispedite al mittente. Tra queste, quella di rendere obbligatorio un intervallo di venti minuti tra un accosto e l’altro. Questo garantirebbe la vivibilità in ogni zona dell’isola, sia sui moli di attracco sia nel borgo marinaro di Marina Grande, fino alle strade carrozzabili e al centro di Capri, garantendo anche la tutela del visitatore. Purtroppo non ci hanno ascoltato e quello che sta accadendo è una storia che avevamo ampiamente previsto».A chi vi siete rivolti? E perchè non vi hanno ascoltato? «Sinora ci siamo rivolti all’autorità portuale, ma visto il dibattito in corso da oggi faremo appello anche al governo, affinché ci sia data finalmente la possibilità di tutelare il nostro territorio e i nostri ospiti, che per noi rappresentano una ricchezza non solo materiale».Nel frattempo l’estate avanza: come pensate di arginare il fenomeno?«Stiamo pensando a nuovi sistemi di contapersone da installare al porto e se si ripetono giornate come queste saremo costretti a fissare un numero massimo di arrivi sull’isola. Ne discuteremo, ovviamente, con il Comune di Anacapri ma per noi il numero chiuso non può più essere un tabù. Chi ha le capacità e le competenze ci indichi una strada alternativa ma nessuno pensi che Capri starà a guardare».Si rende conto che questa è una «guerra» al mordi e fuggi, al turismo più povero insomma. È giusto negare Capri a chi non ha altri modi per viverla?«Naturalmente no, ma bisogna pensare alla sicurezza e alla qualità dell’accoglienza. Altrimenti per tutti la gita a Capri diventerebbe una delusione, e non è certo questo a cui puntiamo. D’altra parte, va considerato che delle 25mila persone sbarcate in due giorni, circa settemila sono rimaste sull’isola, pernottando in hotel, seconde case e case vacanza. Noi siamo orgogliosi di essere scelti da così tante persone, e dobbiamo continuare a offrire servizi ed eventi di qualità, come quelli organizzati in occasione di questo ponte, con mostre e concerti alla Certosa».a.m.b.