Fonte: Roma
di Valentina Trifiletti
Da 35 anni alla guida di una delle associazioni ambientaliste più attive in Italia, da tutta la vita innamorata del mare e di tutte le forme di vita che lo popolano. Rosalba Giugni è la presidentessa di Marevivo, l’associazione che ha fondato nel 1985. Nel corso di questi anni si è occupata di tutti gli aspetti collegati con l’ambiente marino aventi carattere economico-industriale, quali la pesca, il demanio marittimo, il turismo, la nautica commerciale e da diporto, approfondendone le problematiche, presentando disegni di legge e regolamenti necessari alla loro disciplina, battendosi sempre con passione. Dottoressa Giugni, qual è lo stato di salute del mare in Italia? «Il mare non sta bene, stiamo continuando a inquinarlo con rifiuti in plastica, con gli idrocarburi. In più c’è anche il problema dell’overfishing, cioè della sovrapesca. Si pesca troppo e talvolta illegalmente e tutto questo al mare non fa bene. Per fortuna però abbiamo molte aree marine protette. Marevivo ha cominciato a occuparsene nel lontano 1987 con l’istituzione della prima area marina protetta di Ustica. Oggi ne abbiamo 30, un patrimonio dal valore inestimabile di luoghi di particolare pregio che sono stati messi sotto tutela. Sono piccole porzioni di territorio dove la vita si rigenera che oltre ad avere come scopo quello della protezione e della catalogazione degli organismi marini e della biodiversità sono anche dei fari di cultura del mare. Da questo punto di vista il nostro Paese è straordinario. Dall’altra parte però c’è un grande problema che è rappresentato dai fiumi che se un tempo erano considerati i nastri trasportatori della vita, le grandi arterie del pianeta, oggi sono stati cementificati in modo selvaggio e trasportano verso il mare i rifiuti che l’uomo abbandona nell’ambiente. I fiumi sono diventati il pericolo più grande che abbiamo, basti pensare che l’80% della plastica che arriva in mare proviene dai fiumi». E cosa si può fare? «Si può certamente lavorare di più sulla qualità dei fiumi. Per esempio a Roma, nel Tevere, qualche settimana fa ci siamo trovati davanti un grande problema: abbiamo avuto due morie di pesci a distanza di un mese». A proposito di fiumi inquinati, la Campania ha un triste primato che è il Sarno, considerato il fiume più inquinato d’Europa. Solo poche settimane fa è stato inaugurato un nuovo impianto di depurazione. Basterà? «Occorre fare di più. Il fiume Sarno continua a essere fortemente inquinato. Sono stati spesi miliardi e miliardi. Pensi che 32 anni fa, nel 1988, noi di Marevivo facemmo la prima manifestazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento del fiume Sarno a bordo della Amerigo Vespucci insieme con il ministro dell’Ambiente dell’epoca Giovanni Prandini. Eravamo nati da soli tre anni. Ricordo che insieme con i fratelli Abbagnale, i campioni olimpici di canottaggio, raccogliemmo un’ampolla dalla sorgente del fiume e ne prelevammo un’altra alla foce che era di colore marrone. Quando le portammo entrambe a bordo il ministro rimase sbalordito e decise di inserire il Sarno nelle zone ad alto rischio ambientale. Furono stanziati 800 miliardi di lire. Dove sono finiti tutti quei soldi? Cosa si è fatto? Ecco questa è una ferita ancora aperta nel nostro meraviglioso Golfo». E in Campania il mare come sta? «In Campania c’è un grande problema che è quello della depurazione. Purtroppo molte cittadine sono sprovviste di impianti di depurazione perfettamente funzionanti e questo incide particolarmente sulla qualità del nostro mare. La nostra grande fortuna è che tra Punta Campanella e Capri c’è una grande fossa, il cosiddetto Salto di Tiberio, un precipizio profondo circa 297, che crea grandi correnti che ripuliscono il Golfo. Poi, abbiamo la fortuna di avere delle meravigliose aree marine protette che però devono essere ulteriormente sviluppate. Mi viene da pensare a quelle meravigliose aree archeologiche sottomarine di Baia e della Gaiola, un unicum nel Mediterraneo. Poi c’è Ischia su cui bisogna lavorare ancora molto perché ha bisogno di essere valorizzata. Abbiamo una storia e un’archeologia dei beni culturali e ambientali straordinaria ma bisogna lavorare molto di più». E l’istituzione dell’area marina protetta di Capri? «Sono spesso in contatto con il sindaco perché noi vogliamo fare qualcosa per spingere l’area marina protetta. Abbiamo fatto una raccolta firme e stiamo organizzando un grande evento per accendere i riflettori su questo tema. L’anno scorso proprio a Capri, durante l’evento dal titolo I delfini guardiani delle isole, il ministro dell’Ambiente Costa ci ha assicurato che sarebbe stata istituita presto. Ecco, è passato più di un anno e siamo sempre allo stesso punto. Per carità, in mezzo c’è stato il lockdown ma adesso non ci sono più scuse». Quali sono le iniziative di Marevivo a tutela del nostro mare? «L’ultima iniziativa di Marevivo parte da Sorrento per approdare in varie città italiane e sensibilizzare i cittadini sul corretto conferimento dei mozziconi di sigaretta, un rifiuto altamente tossico. Si dice, infatti, che la sigaretta è più dannosa spenta che accesa. La campagna si chiama Piccoli gesti, grandi crimini. Ma facciamo anche moltissime operazioni di pulizia dei fondali con la nostra divisione subacquea. Troviamo di tutto in fondo al mare, dagli pneumatici alle batterie delle auto, dai rifiuti in plastica alle reti da pesca. Questa è un’attività che facciamo anche sulla terra ferma con i nostri volontari. Contemporaneamente al lavoro di pulizia ci occupiamo di educazione ambientale nelle scuole d’Italia da più di trent’anni. Infine, facciamo un’intensa attività legislativa e di lobby parlamentare per portare avanti tutte le leggi in difesa del mare. Adesso stiamo lavorando sul recepimento della direttiva europea sulle plastiche monouso nella quale non sono previsti i bicchieri che invece rappresentano una minaccia se si pensa che in Italia se ne usano da 16 a 20 milioni al giorno e moltissimi finiscono per disperdersi nell’ambiente. Ci stiamo dando molto da fare anche con la legge Salva Mare, quella che consente ai pescatori di portare a terra i rifiuti che rimangono intrappolati nelle loro reti». Questo anche se spesso le reti da pesca vengono abbandonate in mare e nelle quali cetacei, tartarughe o altri pesci rimangono impigliati? «Questo per me è un nervo scoperto perché per me il mare è sacro e le forme di vita che lo abitano dovrebbero essere tutelate dalla pesca, dai diportisti o semplicemente dai turisti che prendono stelle marine, granchi o sabbia. Sono anni che lavoriamo con i pescatori, abbiamo anche fatto delle campagne insieme però ci sono quelli che rispettano le regole e quelli che invece le eludono. Per esempio, nella legge Salva Mare è previsto di cambiare alcuni attrezzi da pesca come ad esempio le cassette in polistirolo che se abbandonate in mare si sfaldano e sono in grado di generare miliardi di microplastiche».