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Capri, l’isola dei 4mila abusi, la Procura: linea dura

di Redazione
22 Settembre 2019
in Events
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Seggiovia Monte Solaro

Fonte: Il Mattino

di Viviana Lanza

Una demolizione lunedì scorso in via Palazzo a Mare, a Capri, una in corso da venerdì ad Anacapri in via Lofunno, e una in calendario per la prossima settimana. Tre casi in pochi giorni non sono numeri tali da poter parlare di un caso Capri ma sono sicuramente indicativi della portata del fenomeno abusivismo in particolari aree del nostro territorio, soprattutto in quelle zone sottoposte a vincoli paesaggistici e ad alta vocazione turistica. Zone dove è stato facile in passato realizzare ville e villette con vista mare spendendo poco e sfuggendo a ogni sorta di autorizzazione e vincoli di legge, per abitarci tutto l’anno o da sfruttare come casa vacanze nei periodi estivi e di maggiore flusso turistico. Un business dai grandi numeri, un fenomeno dilagante. L’attenzione degli inquirenti è alta su Capri come su altre zone di Napoli e provincia dove ci sono sentenze di demolizione da eseguire, nuovi casi su cui indagare, sequestri da disporre. 
I DATI Basta leggere i numeri dei fascicoli in Procura per avere un’idea della portata del fenomeno: circa 7mila sentenze da eseguire, un numero di procedimenti che porta Napoli ai primi posti per numero di interventi in tema di lotta all’abusivismo edilizio. In media si riesce a eseguire 100 demolizioni all’anno, mentre sono migliaia le pratiche di condono, soltanto fra Capri e Anacapri se ne contano circa 4mila. I dati sulle sentenze sono relativi alla sola Procura di Napoli. A questi numeri bisogna sommare quelli che arrivano dalla Procura generale a seguito dei procedimenti conclusisi in grado di Appello. Per smaltire un simile carico, Procura e Procura generale hanno adottato una linea di intervento comune, stabilendo una scala di priorità che indica come più urgenti le sentenze per abusi in zone a rischio sismico o sottoposte a vincoli paesaggistici. Una battaglia per il ripristino della legalità, quella dei magistrati coordinati dal procuratore Giovanni Melillo, capo della Procura di Napoli, e dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso, alla guida della sezione specializzata in indagini su reati ambientali e violazioni delle norme urbanistiche. Una battaglia anche in nome della tutela dell’ambiente e di chi lo vive, contro l’abusivismo che inquina e mette a rischio la sicurezza dei cittadini, contro un abusivismo che è sempre meno di necessità e sempre più di opportunismo.
I COSTI Come mai a fronte di settemila sentenze se ne eseguono circa cento all’anno? Per trovare la risposta bisogna tener conto della burocrazia e dei costi collegati alle operazioni di demolizione e del conseguente smaltimento del materiale di risulta. Gli sforzi degli uffici giudiziari da soli non bastano. Occorrono fondi, che in genere sono rappresentati dai finanziamenti che i Comuni richiedono alla Cassa depositi e prestiti. Il punto è che si tratta di somme che il Comune dovrebbe poi recuperare dai proprietari delle costruzioni demolite. Facile immaginare come tutto questo sia un percorso lungo e dall’esito non scontato. Di qui la difficoltà per i Comuni di sostenere e finanziare le opere di demolizione, quando non è possibile acquisire il manufatto al patrimonio comunale per destinarlo a fini di pubblico interesse o ad alloggi popolari. Demolire costa: per una costruzione di circa 90 metri quadrati, come quella che si sta demolendo in questi giorni ad Anacapri, si spenderanno 33mila euro. 
LE PROTESTE Non è raro che all’arrivo delle ruspe ci siano barricate, proteste, gente in strada. È successo anche ad Anacapri quando venerdì sono cominciate le operazioni per la demolizione della villa abusiva. Una casa che affaccia sul mare e si raggiunge percorrendo un vialetto stretto, accessibile solo a un’auto di piccole dimensioni. L’appartamento di circa 70 metri quadrati è al piano terra. Un secondo piano seminterrato è ancora allo stato grezzo. Davanti all’abitazione ci sono una veranda e due piccole costruzioni di circa 30 metri quadrati, tra cucina, forno a legna, bagno e lavanderia. Tutto ricavato nel declivio della collina, scavando nel terreno lungo il pendio. Per i giudici, tutto abusivo.

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