Anna Maria Boniello Capri. Numero chiuso per respingere l’assedio: la querelle è antica, e per dirimerla fu scomodato addirittura il Censis, che in uno studio degli anni 80 commissionato dall’amministrazione del tempo, fissò in circa 9000 al giorno gli sbarchi che l’isola poteva sostenere senza rischiare di perdere il suo fascino, senza che i servizi si affollassero e sempre che i flussi venissero spalmati su itinerari diversificati. Suggerimenti che nessuna amministrazione ha adottato per cui oggi l’isola, al centro del tiro incrociato di tour operator, crociere, agenzie di viaggio e gruppi organizzati, cambia completamente fisionomia fino all’imbrunire, quando gli ultimi traghetti riportano a terra i gitanti e qui rimane quel vacanziere amato e coccolato che vive in albergo o nelle ville private.Gli arrivi di questi giorni, una media di 15mila al giorno che hanno fatto andare in tilt tutti i servizi, ha riportato a galla il problema. Ieri mattina dal Comune di Capri, come aveva annunciato venerdì il delegato al Turismo Antonino Esposito, è partita una lettera al governo, indirizzata al sottosegretario del Mibact Ilaria Borletti Buitoni, che si era interessata alla situazione di Capri, insieme a quella delle Cinque Terre e di Venezia, località, come spiega Antonino Esposito, «che vivono gli stessi nostri problemi». Un ultimo tentativo dopo il silenzio seguito alla conferenza dei servizi che fu convocata dalla Direzione marittima di Napoli presieduta dall’ammiraglio Arturo Faraone. In quell’incontro, ricorda Esposito, i rappresentanti dei due Comuni di Capri e Anacapri presentarono insieme una proposta per disciplinare gli attracchi, in modo da riportare subito vivibilità e sicurezza dell’intera area portuale e del borgo marinaro di Marina Grande. Ma a quell’idea non fu data risposta. «A questo punto – sottolinea con veemenza Esposito – il numero chiuso non può più essere un tabù: abbiamo deciso di chiedere a tutti gli esperti in materia, in ambito nazionale, di indicarci soluzioni operative per passare dalle parole ai fatti». Conclude Esposito: «Al governo invece facciamo un appello chiaro, ci sia data la possibilità di intervenire o altrimenti si dica chiaramente che non c’è voglia alcuna di migliorare questo stato di fatto».Da Anacapri riprende il tema l’assessore al Turismo Massimo Coppola, anch’egli albergatore. «Non si tratta solo di numero chiuso, ci sono tante cose che non vanno sull’isola, il problema principale è che non ci può più essere una contrapposizione ideologica tra chi vuole la conservazione senza effettuare cambiamenti e chi invece ha di mira solo il guadagno. Capri deve guardare verso il futuro, mantenendo quelle caratteristiche che la fanno essere ancora una meta ambita per milioni di persone, italiani e stranieri. Il sovraffollamento non giova a tutto questo e quindi bisogna darsi delle regole». E gli albergatori? Dice il presidente di Federalberghi Sergio Gargiulo: «Che il ponte del 2 giugno sarebbe stato da record lo si sapeva da tempo, bastava guardare i siti delle prenotazioni alberghiere e quelli turistici per capire che l’isola sarebbe stata zeppa come un uovo. Federalberghi – continua Gargiulo – non si è mai espressa per il numero chiuso, e non lo vuole adesso. Noi operatori turistici vogliamo la regolamentazione dei flussi, il rispetto delle regole nei trasporti e personale nei punti nevralgici. Il caos – sottolinea Gargiulo – inizia al Molo Beverello, un luogo inimmaginabile, dove si trovano panchine lerce e arrugginite, tende parasole che vengono giù a pezzi, dove il cartellone informativo è fermo da anni. Il turista che arriva lì, pensando di iniziare una vacanza da sogno, si trova invece al centro di un inferno dantesco, senza avere nessuno che gli dica dove andare».Poi, sbarcato a Capri, ecco che lo stesso turista si trova imbottigliato in una lunga fila su di una stretta banchina, senza transenne, con il rischio di cadere in mare; e una volta arrivato nella piazza, anche lì non trova indicazioni, mentre viene travolto dalla folla, tra autobus, taxi e file per la funicolare. «È per questo che siamo per la programmazione. Che essenzialmente vuol dire distanziare bene gli orari di arrivi e partenze. Non si capisce perché tra le 16.30 e le 20 nessun aliscafo parte da Napoli, mentre le corse sono concentrate nelle prime ore del mattino, quando a Capri va in scena il caos».